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Cronaca

Casa adibita a centro di prostituzione, a processo giudice ed ex poliziotta

Termina in un nuovo rinvio a giudizio il “travagliato” procedimento penale nei riguardi di Giuseppe Caracciolo, leccese di 61 anni, e della sua compagna Pasqua Biondi, 54enne di Brindisi, accusati di favoreggiamento della prostituzione

LECCE - Si aprirà il 6 luglio davanti ai giudici della prima sezione penale il processo nei riguardi del magistrato cassazionista, Giuseppe Caracciolo, leccese di 61 anni, e la sua compagna Pasqua Biondi, 54 anni, di Brindisi, poliziotta in pensione, accusati di aver affittato, nel 2016, la loro abitazione nel centro di Lecce a giovani straniere, che l'avrebbero utilizzata come luogo per prostituirsi.

A disporre il rinvio a giudizio è stato ieri il giudice per l’udienza preliminare Angelo Zizzari, dopo che il tribunale aveva ritenuto nullo un precedente rinvio, non essendo stato preceduto dall’avviso di conclusione delle indagini.  

La coppia, assistita dagli avvocati Massari e David Brunelli, risponde di favoreggiamento della prostituzione e per questo reato fu già condannata in primo grado, in abbreviato, dal gup Carlo Cazzella, a un anno di reclusione col beneficio della pena sospesa. Il verdetto fu poi annullato dalla Corte d’appello, il 19 dicembre del 2020, perché l’imputazione non fu mai contestata dal pm (l’accusa era diversa, di sfruttamento della prostituzione) con l’impossibilità dunque per gli interessati di potersi adeguatamente difendere.

Secondo le indagini condotte dagli agenti della Squadra mobile di Lecce, avviate in seguito ad alcune segnalazioni da parte dei residenti nella zona, secondo i quali ci sarebbe stato un continuo via vai di uomini dall’appartamento di cui era proprietario Caracciolo, le giovani inquiline (per lo più romene) avrebbero organizzato un vasto giro di meretricio. Le “prestazioni” sarebbero state pubblicizzate su alcuni siti specializzati in incontri e sesso a pagamento.

Dinanzi al gip che emise il decreto di sequestro dell’immobile, il giudice respinse ogni accusa, evidenziando di essere vittima di un clamoroso e grave equivoco.

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