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Cronaca

Dopo l’intervento per ernia cervicale, l’infarto, poi la morte: indagati due medici

La Procura di Ravenna sta cercando di fare luce sulle cause del decesso di un 56enne leccese avvenuto nella clinica Maria Cecilia Hospital di Cotignola. Oggi, l’incarico per l’autopsia

LECCE - Si era sottoposto a un intervento per risolvere i suoi problemi di cervicalgie, ma è stato colto da un infarto e nonostante l’operazione, le sue condizioni sono precipitate fino alla morte. Il paziente, Giovanni De Vitis, aveva 56 anni e aveva lasciato Lecce il 16 maggio per raggiungere la clinica Maria Cecilia Hospital, a Cotignola, nel Ravennate, dove è spirato otto giorni dopo, per ragioni rispetto alle quali i familiari chiedono venga fatta chiarezza.

In seguito alla loro denuncia è stato aperto un fascicolo d’inchiesta per omicidio colposo, che vede indagati (come atto dovuto) due medici della struttura che hanno operato il cinquantaseienne: un neurochirurgo di Roma e un cardiologo di Imola.

Oggi, il pubblico ministero della Procura di Ravenna Angela Scorza ha conferito l’incarico per eseguire l’autopsia al medico legale Matteo Tudini. Alle operazioni peritali parteciperà come consulente tecnico di parte anche il collega Pierfrancesco Monaco, per conto di Studio3A-Valore S.p.A. (che assiste la famiglia), attraverso il consulente legale Luigi Cisonna.

La denuncia dei familiari: “Vogliamo la verità”

Stando a quanto riferito dai parenti nella querela, il 16 maggio, De Vitis si era recato nella clinica per un intervento programmato con il neurochirurgo che aveva lavorato a lungo anche a Lecce e che lo aveva quindi seguito nelle sue problematiche legate alla cervicalgia causata da varie ernie. L’operazione è stata effettuata nel pomeriggio del 20 maggio, e il giorno dopo il paziente è uscito dalla terapia intensiva, ma ai familiari, che potevano sentirlo solo per telefono, in particolare alla moglie, alla sorella e a una nipote, ha riferito di non sentirsi per niente bene lamentando insensibilità alle gambe e forti dolori alla schiena, a cui si erano presto aggiunte anche algie al braccio destro e allo stomaco.

Sta di fatto che nella notte tra il 21 e il 22 maggio De Vitis è stato colpito da un infarto e ha subìto un intervento urgente di angioplastica, venendo quindi ricoverato nella terapia intensiva del reparto di Cardiologia della stessa clinica. Un infarto dovuto, secondo quanto avrebbe riferito ai congiunti del paziente un medico, a uno “stress operatorio” collegato al primo intervento. Quest'ultimo avrebbe inoltre informato i familiari che l’operazione era stata eseguita ad una sola coronaria consigliando di intervenire anche sull’altra, che pure non era in buone condizioni, ma senza dare carattere d’urgenza a questa ulteriore angioplastica, a cui si sarebbe potuto sottoporre anche a Lecce, una volta dimesso e tornato a casa.

Il peggio pareva passato, tanto che il 23 maggio il cinquantaseienne è uscito dalla terapia intensiva cardiologica ed è stato trasferito in corsia. Ma De Vitis ha continuato a stare male e non ha nascosto le sue preoccupazioni per il proprio stato di salute ai parenti che gli hanno telefonato: sosteneva di provare forti dolori e gonfiore all’addome, che gli era anche salita la febbre e, dopo che gli era stato applicato il catetere, di rilasciare sangue nelle urine. In serata, avrebbe inoltre riferito alla sorella che i medici, contrariamente alle indicazioni iniziali, erano decisi a operarlo anche all’altra coronaria. Ma non c’è stato il tempo, perché il giorno seguente, il suo cuore ha cessato di battere.

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