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Cronaca

Sparatoria mortale nel bar: dall’esame balistico sulla pistola le risposte chiave

Dall'analisi della Crvena Zestava, arma automatica di fabbricazione serba, dipendono risposte decisive per ricostruire l'esatta dinamica dell'omicidio di Fatmir Makovic e del ferimento del figlio 16enne. A sparare Fabio Antonio Perrone

LECCE - Sarà la perizia balistica eseguita sulla pistola trovata in possesso di Fabio Antonio Perrone, l’uomo di 41 anni arrestato sabato scorso per l’omicidio di Fatmir Makovic, 45enne, e del tentato omicidio di suo figlio 16enne, a dare nuovi importanti sviluppi nelle indagini sulla sparatoria avvenuta venerdì notte a Trepuzzi. Bisognerà innanzitutto stabilire, oltre ogni ragionevole dubbio, se sia stata proprio l’arma sequestrata (una Crvena Zastava, una pistola calibro 9 semi automatica di fabbricazione serba, una delle tante armi arrivate sulle nostre coste dopo il conflitto che ha infiammato e disgregato l’ex Jugoslavia) quella utilizzata nell’efferato episodio.

L’arma, che aveva la matricola abrasa, sarà poi analizzata per accertare se sia stata impiegata in altri episodi criminosi e fatti di sangue. Inoltre, passaggio fondamentale questo per le indagini, gli esperti dovranno rilevare la presenza di eventuali impronte digitali e tracce biologiche appartenenti alla vittima (o a un’altra persona) oltre che a Perrone. Passaggio che potrebbe avvalorare o confutare la versione fornita dal 41enne in sede di interrogatorio di garanzia dinanzi al gip Vincenzo Brancato.

Al giudice l’uomo, assistito dall’avvocato Antonio Savoia, ha raccontato di aver trascorso la serata nel bar, dove sarebbe poi scoppiato, per motivi che non ha saputo precisare, un litigio con alcuni cittadini residenti nel campo sosta Panareo, tra cui la vittima e due dei suoi figli. La discussione sarebbe poi proseguita all’esterno dell’esercizio commerciale, dove Perrone sarebbe stato affrontato e dove, strappata l’arma a uno degli aggressori (non ha saputo specificare se a estrarre la calibro 9 sia stata la vittima), sarebbe iniziata la sparatoria. A suo dire avrebbe sparato alla cieca, obnubilato da una sorta di furia mista a spirito di sopravvivenza. Sono ben sedici i colpi esplosi da Perrone, che ha svuotato l’intero caricatore della pistola), corredata da caricatore da 15 proiettili (più uno in canna). Il bilancio di quel folle venerdì di sangue poteva dunque essere più tragico.

Non convince gli inquirenti, almeno per il momento, l’ipotesi di un litigio sfociato in una spietata vendetta. Già al momento dell’arresto gli investigatori hanno contestato l’aggravante delle modalità mafiose, sintomo che dietro l’agguato di venerdì notte si nasconde qualcosa di più complesso e rilevante sotto il profilo criminologico. Gli uomini del Nucleo investigativo dei carabinieri (guidati dal capitano Biagio Marro) stanno raccogliendo e mettendo insieme i tasselli di un’indagine complessa, finalizzata a stabilire quali interessi avessero riportato Perrone nella sua Trepuzzi (l’uomo da qualche tempo si era trasferito in Toscana) e cosa abbia portato “triglietta” (com’era conosciuto negli ambienti criminali) a scontrarsi con la vittima, persona molto conosciuta e rispettata nella comunità del campo sosta Panareo, dove risiedeva. Il 41enne, del resto, è ritenuto dagli investigatori un elemento di spessore della criminalità locale, che ha già scontato 18 anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso, armi e droga.

Fabio Antonio Perrone-4Poco convincente, per gli inquirenti, anche il racconto della fuga. Perrone ha raccontato di aver fermato un passante, Alessandro Borromeo, e di averlo costretto ad accompagnarlo con la sua Fiat Panda. Successivamente avrebbe incrociato un suo parente, Alessio Perrone, che gli avrebbe consegnato l’auto per raggiungere l’abitazione dov’è stato poi arrestato nei pressi di Casalabate. Entrambi risulterebbero indagati per favoreggiamento. Gli investigatori stanno passando al setaccio ogni minimo dettaglio, incrociando e collimando le versioni fornite dal presunto assassino e dagli altri testimoni presenti venerdì notte sul luogo della tragedia. A breve potrebbero esserci nuovi interrogatori.

Molto importante, sul fronte investigativo, la testimonianza del 16enne ferito nella sparatoria. Le sue condizioni, infatti, sono in lento ma costante miglioramento. Oggi la salma di Fatmir Makovic sarà riconsegnata alla famiglia, in un clima teso su cui da alcuni giorni vigilano gli uomini della Digos, guidati dal dirigente Raffaele Attanasi, impegnati per scongiurare rappresaglie e faide sanguinose. Le spoglie della vittima dovrebbero fare poi ritorno in Montenegro, paese d’origine del 45enne.  

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