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Cronaca Lizzanello

Freddato a 21 anni nel lontano 1999: confermati trent’anni al presunto killer

Nessuno sconto in appello per Carmine Mazzotta, 45enne di Lecce, ritenuto uno degli autori dell’omicidio di Gabriele Manca, il giovane di Lizzanello avvenuto ventidue anni fa

LIZZANELLO - Nessuno "sconto" per Carmine Mazzotta, 45enne di Lecce, ritenuto uno degli autori dell’omicidio di Gabriele Manca, il 21enne di Lizzanello freddato con tre colpi di pistola nel marzo del 1999 e ritrovato, il 5 aprile successivo, vicino a un muretto a secco, tra Lizzanello e la frazione di Merine.

La Corte d’Assise d’appello (presieduta dal giudice Vincenzo Scardia) ha confermato i 30 anni di reclusione inflitti il 7 ottobre del 2019 dal giudice Cinzia Vergine che all’esito del processo discusso col rito abbreviato aveva disposto anche il risarcimento del danno (in separata sede) ai familiari della vittima, parti civili, l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, l'interdizione legale e la sospensione dalla responsabilità genitoriale per la durata della pena.

La procura generale, rappresentata dal sostituto Salvatore Cosentino aveva chiesto 27 anni e mezzo, ritenendo insussistente l’aggravante dei futili e abietti motivi.

Non appena saranno rese note le motivazioni della sentenza, gli avvocati difensori Giancarlo Dei Lazzaretti ed Enrico Grosso valuteranno il ricorso in appello.

Quanto ai tre presunti complici, Giuseppino Mero, 53enne di Cavallino, Omar Marchello, 39enne, e Pierpaolo Marchello, 40enne, entrambi di Lizzanello, condannati lo scorso giugno in ordinario all’ergastolo, inizierà a maggio il processo d’appello (in cui saranno difesi dagli avvocati Umberto Leo, Giancarlo Dei Lazzaretti, Germana Greco e Fulvio Pedone).  

Stando alle indagini, il movente risiederebbe in contrasti legati allo spaccio di droga perché la vittima avrebbe svolto l’attività illecita senza dare conto a Omar Marchello, ritenuto referente della zona di Lizzanello; quest’ultimo avrebbe cercato di mettere in riga il ragazzo, punendolo con uno schiaffo, ma di risposta sarebbe stato ferito con un coltello; l’episodio fu denunciato dal 39enne che però passò per “infame” e che, secondo l’accusa, proprio per liberarsi di questa etichetta e “riabilitarsi” negli ambienti criminali avrebbe eliminato il rivale.

E’ questo il quadro ricostruito dagli inquirenti diciotto anni dopo dal delitto, grazie alle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, Alessandro Verardi e Alessandro Saponaro.

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