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Cronaca

L'Eldorado delle cave è qui: si estrae a costo zero

In Puglia sono 617 le cave attive: 212 a Bari, 126 a Lecce 121 a Foggia, 73 a Taranto e 54 a Brindisi. Nel dossier di Legambiente si parla proprio delle tariffe di concessione, pochi centesimi di eruo

Legambiente lancia l'allarme: in Italia si scava gratis e troppo. Soprattutto al Sud, dove la regione con il maggiore numero di cave attive è proprio la Puglia. Che se da una parte risulta regione all'avanguardia per la normativa sulle estrazioni per aver approvato lo scorso anno il "Prae", il Piano regionale delle attività estrattive, dall'altra è quella in cui tirare su tufo, marmo e pietra costa praticamente nulla. Sempre secondo Legambiente, infatti, l'anomalia è nelle tariffe di concessione, che sarebbero completamente assenti. In Puglia, così come anche in Sicilia, Sardegna e Basilicata, cavare è addirittura un'attività gratuita. Nelle altre regioni per sabbia e ghiaia si va, per esempio, dai 0,10 euro a metrocubo pagati in Campania ai 3,33 del Friuli.

I numeri: secondo lo studio, in Puglia sono 617 le cave attive: 212 a Bari, 126 a Lecce 121 a Foggia, 73 a Taranto e 54 a Brindisi. Nel dossier di Legambiente si parla proprio delle tariffe di concessione: "A fronte di guadagni miliardari per il settore - si legge nel comunicato - i canoni che si pagano alle Regioni sono bassissimi, in media di pochi centesimi di euro. Per sabbia e ghiaia si va, per esempio, dai 0,10 euro a metrocubo pagati in Campania ai 3,33 Del Friuli. Ma in Sicilia, Sardegna, Puglia e Basilicata cavare è, addirittura, un'attività gratuita. Un dato stupefacente, considerati i danni arrecati all'ambiente e i guadagni del settore, che muove un giro d'affari di circa 5 miliardi di euro l'anno solo per gli inerti. E se si considera il peso che le ecomafie hanno nella gestione del ciclo del cemento e nel controllo delle aree di escavazione è particolarmente preoccupante una situazione praticamente priva di regole in troppe zone del Paese". E pensare che la numerativa vigente sull'estrazione si rifà un regio decreto del 1927 e metà delle Regioni senza un piano cave.

E proprio in provincia di Lecce, a Cutrofiano, per la precisione, Legambiente protestò lo scorso 29 marzo per dire no al progetto di una nuova cava di sette ettari con relativo espianto di circa un migliaio di alberi secolari di ulivo (https://www.lecceprima.it/articolo.asp?articolo=7190).

Ma più in generale i numeri contenuti nel rapporto di Legambiente sono impressionanti. L'estrazione di inerti e la produzione di cemento sono in Italia in costante aumento. Le cave attive in Italia sono 5.725 mentre sono 7.774 quelle dismesse nelle Regioni in cui si è fatto un monitoraggio. Si possono stimare in oltre 10 mila quelle complessivamente abbandonate se si considerano anche le 9 Regioni in cui non sono disponibili dati. La Puglia, con 617 cave attive, è la Regione che ne totalizza il maggior numero. Seguono Veneto (594), Sicilia (580), Lombardia (494), Sardegna (397), Piemonte (332), Lazio (318). In testa alla classifica delle cave dismesse c'è la Lombardia, con 2.543 aree abbandonate. Impressionante il numero nelle Marche (1.041) e in Sardegna (860). Il primo posto per quantità estratta spetta alla Sicilia con oltre 113 milioni di metri cubi nel 2006, all'interno della quale spicca il dato della provincia di Palermo (più di 57 milioni) dove l'estrazione di calcare raggiunge livelli altissimi, superiori alla maggior parte delle Regioni italiane. In Lombardia sono oltre 71 milioni i metri cubi cavati, oltre 32milioni nella Provincia di Trento.

Per Legambiente ridurre il prelievo di materiali e l'impatto delle cave nei confronti del paesaggio è quanto mai urgente e possibile. "Ridurre il prelievo di cava si può, come dimostrano le esperienze di altri Paesi europei - spiega Edoardo Zanchini, responsabile del settore urbanistica di Legambiente -. Le quantità più rilevanti di materiali estratti ogni anno in Italia sono utilizzati per l'edilizia e le infrastrutture: quasi il 60 per cento di quanto viene cavato sono inerti, principalmente ghiaia e sabbia e altri materiali per il cemento. Occorre ridurre il prelievo di materiali dal suolo grazie al riciclo degli inerti e rivedere profondamente i canoni di concessione. In molti Paesi europei il riciclo di inerti ha già superato il 90 per cento; l'Italia è solo al 10 per cento ma grazie a macchinari e centri di riciclo più grandi e organizzati può fare un salto di qualità a standard europei".

In ultima analisi per gli ambietalisti è necessario definire al più presto un nuovo quadro normativo: ridurre il consumo di inerti di cava nell'industria delle costruzioni; rafforzare controllo e tutela del territorio; spingere l'innovazione del settore sono gli obiettivi prioritari.

https://www.legambiente.eu/globali/archivi/news.php?idArchivio=2&id=4451

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