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Cronaca Leuca / Viale XXV Luglio

Lavoro, il Salento sull’orlo del baratro, rivendica lavoro e cassa in deroga

Manifestazione di Cgil, Cisl e Uil ai piedi della prefettura contro la legge di stabilità. Presentata una piattaforma di proposte operative che guarda alla fiscalità, alle pensioni, alla pubblica amministrazione. Rappresentate tutte le vertenze locali

LECCE – Centinaia di lavoratori rischiano, nella sola provincia di Lecce, di uscire fuori dal circuito produttivo. Legati alle aziende di riferimento, colossi in declino o piccole imprese che arrancano nella crisi, dall’esile filo della cassa integrazione. Oppure in mobilità, sull’orlo del licenziamento. Spesso in attesa di una chiara presa di posizione da parte dei ministeri competenti, deputati a sbrogliare la matassa delle numerose vertenze.

Così oggi, al fianco dei sindacati confederali, scesi in strada in tutta Italia per manifestare contro la legge di stabilità, c’erano tutte le maestranze ‘in crisi’ del Salento. Le più rappresentative, schierate davanti alla prefettura di Lecce: ex Manifattura Tabacchi, gruppo calzaturiero Filanto, gruppo edile Palumbo, ex Lsu impiegati nella pulizia delle scuole, e poi ancora i bancari del Monte dei Paschi di Siena e gli addetti alla lettura dei contatori di Aqp. Senza dimenticare i pensionati, le categorie degli inquilini bersagliati da tassazioni nuove di zecca, forse anche una parte di quei lavoratori scivolata nel limbo degli esodati.

Un intero territorio la cui tenuta sociale è fortemente a rischio, e nessuno ne fa mistero. Pronto a chiedere l’intervento dei piani alti in due direzioni: mediante il rifinanziamento della cassa in deroga (tallone d’Achille di un’intera regione) che non basta neppure a coprire l’anno in corso, e generando nuove opportunità occupazionali. Insieme alla piattaforma di proposte per la crescita presentate da Cgil, Cisl e Uil al prefetto Giuliana Perrotta, i sindacalisti hanno quindi colto l’occasione per operare l’ennesima pressione sui dicasteri romani da cui, in vario modo, si attendono le dovute risposte.

Sullo sfondo le quattro ore di sciopero, indette su scala nazionale, intese come il primo forte segnale che le parti sociali intendono dare al governo, lanciando un messaggio chiaro: la legge di stabilità 2014, non va. Non funziona. Taglia, aggrava alcune situazioni già critiche e nel complesso non rappresenta l’auspicato volano per la crescita.

sciopero sindacati2-2“Questa norma è totalmente priva di scelte coraggiose – commenta il numero uno di Cisl Lecce, Piero Stefanizzi – perché nel tentativo di venire incontro a tutti gli attori della vita sociale, ha finito per scontentare tutti”. Il corpo primario delle rivendicazioni dei tre confederali è, secondo il suo punto di vista,  nella riforma fiscale e nella spesa complessiva della amministrazione: “Si continua a tagliare sul fronte del personale, anziché incidere sulle spese davvero improduttive. Basti pensare che nel 2013 la spesa complessiva della Pa è cresciuta di 8 miliardi senza generare, contemporaneamente, nuova occupazione. Bisogna incidere su altre voci, evidentemente, indirizzando le risorse sul cuneo fiscale per sostenere consumi, imprese e salari, e far ripartire i consumi”.

I sindacati hanno individuato due aree di intervento cui accordare la precedenza, come conferma il segretario Uil, Piero Fioretti: “Innanzitutto è necessario rivedere il cuneo fiscale perché i soldi detratti dalla busta paga mensile dei dipendenti, di certo non risolvono il problema. Ma bisogna anche intervenire sul costo del lavoro che non permette alle nostre aziende di rendersi competitive in un contesto internazionale”.

Per il numero uno di Cgil Lecce, Salvatore Arnesano, la legge è completamente da rifare: “I lavoratori dipendenti, i pensionati, le imprese attendono da troppo tempo una risposta. La legge, invece, penalizza nuovamente il pubblico impiego, attraverso il blocco della contrattazione di secondo livello, e colpisce le pensioni per le quali non è prevista l’indicizzazione. Anche sui beni immobili, come le case, la legge di stabilità inasprisce la tassazione”.

sciopero sindacati-2La piattaforma sindacale indica anche la strada da seguire per reperire le risorse:  la obbligatorietà dei costi standard per le amministrazioni centrali e locali e il superamento della frammentazione delle attuali 30 mila centrali appaltanti, estendendo l’esperienza già realizzata con l’istituzione della Consip;  la riduzione drastica del numero delle società pubbliche e degli enti inutili e la riduzione dei componenti dei consigli di amministrazione, definendo più vaste dimensioni ottimali per la gestione dei servizi a livello locale, anche tramite l’utilizzo di forme associative per realizzare maggiori economie di scala, con l’assunzione di modelli organizzativi improntati a logiche industriali.

E poi ancora: la riduzione del numero di componenti degli organi elettivi ed esecutivi a tutti i livelli di governo riducendo gli incarichi di nomina politica, fino al blocco delle consulenze a tutti i livelli dell’amministrazione pubblica; la valorizzazione del patrimonio dello Stato;  l’armonizzazione della tassazione delle rendite finanziarie alla media europea rispetto all’attuale aliquota del 20 percento;  la destinazione automatica delle risorse derivanti dalla lotta all’evasione e all’elusione fiscale, per la riduzione delle tasse a lavoratori e pensionati mediante un apposito provvedimento legislativo.

L’insieme di questi interventi , secondo i tre segretari confederali, è necessario per far crescere la domanda interna e per favorire sia lo sviluppo del sistema produttivo che dei livelli occupazionali del Paese.

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