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Cronaca

Morte di un paziente 72enne, non luogo a procedere per quattro medici

Non furono responsabili del decesso. Questa la conclusione alla quale è arrivato il giudice, dopo un incidente probatorio

LECCE – Il giudice per le indagini preliminari Edoardo D’Ambrosio ha emesso una sentenza di non luogo a procedere “perché il fatto non sussiste” a carico di quattro medici per i quali era stato richiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di omicidio colposo. La vicenda ruotava attorno alla morte di un 72enne leccese avvenuta nel novembre del 2014. Era stata la moglie a dare l’input all’inchiesta, presentando una denuncia confluita sul tavolo del pubblico ministero Carmen Ruggiero.

Vilma Martello, 49enne di Surbo, Alessandro D’Amelio, 57enne di Lecce, Assunta Lucia Antonaci, 62enne di Gallipoli e Francesca Petrachi, 39enne di Melendugno (i primi tre nefrologi del “Vito Fazzi”, l’ultima medico in servizio al pronto soccorso dello stesso ospedale), secondo le accuse mosse inizialmente, sarebbero stati responsabili di aver provocato il decesso dell’uomo non prendendo dovute accortezze.

Le accuse della Procura

Ovvero, alla dottoressa Petrachi era stata attribuita un’errata interpretazione del referto di un elettrocardiogramma, non rilevando valori anormali negli enzimi cardiaci riguardanti il dosaggio di Bnp (peptide natriuretico cerebrale). Ai tre nefrologi, invece, di non aver richiesto un’ulteriore consulenza pneumologica e cardiologica, una volta accolto il paziente nel reparto, non aver monitorato in maniera rigorosa i parametri vitali e non aver prescritto una terapia di ossigeno, in ragione della quale lo scompenso cardiaco si sarebbe aggravato, fino al decesso per arresto cardiorespiratorio da insufficienza multiorgano (l’uomo era in coma per encefalopatia post anossica). Ed era soprattutto quest’ultimo punto, l’ossigenoterapia, il nodo principale.  

La conclusione dei periti

Nella fase d’indagine è emerso un contrasto fra consulenze del pubblico ministero, laddove (al di là delle conclusioni delle perizie dei consulenti per la difesa) per la prima non si riconosceva un nesso causale fra le varie fasi e la morte, e per la seconda sì. Da qui, la richiesta di un incidente probatorio per la quale sono stati nominati come periti un medico legale e un nefrologo. Vi è stato poi un supplemento di perizia, con una pneumologa e alla fine si è arrivati alla conclusione univoca dell’inesistenza di un nesso causale e del fatto che non andasse somministrata l’ossigenoterapia, al punto che lo stesso pubblico ministero ha sollecitato il nun luogo a procedere. E oggi, è stato emesso il verdetto.   

I medici erano difesi dagli avvocati Salvatore Leone, Mario Fazzini, Viviana Labbruzzo, Mario Ciardo, Cosimo Prete, Luigi Covella e Maria Benevola Petrachi. 

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