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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca Gallipoli

Trovato morto in casa e con tracce di rossetto sulla maglietta, arriva l’archiviazione

Si chiude così il procedimento sul decesso di un artigiano di Gallipoli, avvenuto il 23 gennaio del 2020 per arresto cardiaco, in cui era indagata per omissione di soccorso una 58enne

LECCE - Si è chiuso con un’archiviazione il procedimento penale avviato in seguito alla morte di Luigi Carrozza, un artigiano di 64 anni di Gallipoli avvenuta il 23 gennaio del 2020. A ritrovarlo disteso affianco al letto, in posizione supina e con la testa su due cuscini, fu l’amico in casa del quale era ospite e che allertò il 118. All’arrivo dei sanitari, però, il cuore del 64enne aveva già cessato di battere, almeno quattro, cinque ore prima, quindi con ogni buona probabilità tra le 19 e le 20, si sarebbe poi stabilito.

Dopo la denuncia dei familiari che volevano vederci chiaro su cosa fosse accaduto al loro congiunto, fu aperta un’inchiesta e sul registro fu iscritta una 58enne gallipolina, sospettata di essere stata insieme all’uomo mentre accusò il malore e di essere andata via senza allertare i soccorsi.

Le indagini, coordinate dalla sostituta procuratrice Paola Guglielmi, si focalizzarono sui contatti telefonici avuti da Carrozzo e l’indagata, attraverso i quali furono rilevati messaggi su whatsapp e, in particolare, due telefonate intercorse tra i due quel pomeriggio, intorno alle 16.51. Non solo. Ai “raggi x” finirono anche le tracce di rossetto riscontrate sulla maglietta del 64enne, dalla cui analisi genetica furono estratti cinque profili di dna riconducibili a due genotipi, uno dei quali riferibile alla donna. Ma questo tipo di esami non consentono comunque di stabilire temporalmente l’origine di quella traccia. 

All’esito degli accertamenti, la Procura non aveva ritenuto vi fossero elementi penalmente rilevanti nei riguardi dell’indagata, assistita dall’avvocato Angelo Ninni, e dello stesso avviso è stata la giudice Anna Paola Capano, che ieri ha così accolto l’istanza di archiviazione, alla quale si erano opposti moglie e figli dell’uomo con l’avvocato Luca Calabrese. 

Secondo la giudice, infatti, nessun ulteriore approfondimento investigativo, auspicato dai familiari, sulle celle telefoniche e sul dna potrebbe mai dimostrare che l’indagata si trovasse in compagnia di Carrozza nel momento in cui questi accusò il malore, né che quel malore abbia avuto durata tale da consentirle di chiamare i soccorsi prima del decesso.

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