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Cronaca Uggiano La Chiesa

"Nessuna prelazione sul castello di Casamassella"

Lo ha stabilito il consiglio di Stato che ha rigettato il ricorso del comune di Uggiano La Chiesa contro la società proprietà della struttura: il conferimento, all'epoca, non era soggetto a prelazione

Si chiude la complessa vicenda giudiziaria del castello di Casamassella: il consiglio di Stato ha rigettato il ricorso del Comune di Uggiano, accogliendo in via definitiva le ragioni della società proprietà della struttura, "Castello di Casamassella srl", e annullando la deliberazione con cui il comune aveva ritenuto di poter esercitare la prelazione togliendo ai privati la proprietà dell'immobile.

I giudici di appello hanno condiviso pertanto integralmente le ragioni dei proprietari, difesi dall'avvocato Gianluigi Pellegrino, contro gli interessi del Comune, difeso a sua volta dal legale Fabio Valenti, e stabilendo, come già fatto dal Tar di Lecce, che rispetto ad un atto di mero conferimento del bene di una società, il diritto di prelazione non operava all'epoca in cui il Comune decise di poter pretendere il trasferimento in suo favore della proprietà del castello.

In sostanza, l'amministrazione di Uggiano non poteva esercitare diritto di prelazione sulla struttura, perché, come evidenzia Pellegrino "secondo la nota regola di libera disposizione dei beni in proprietà, ai proprietari del castello non poteva essere opposta una prelazione rispetto ad un atto di conferimento che in quel momento la legge non contemplava tra gli atti per i quali in via derogatoria ed eccezionale la libera disponibilità dei beni subisce una limitazione". Solo con una norma successiva anche tale categoria di atti è stata compresa tra quelli che fanno scattare il diritto di prelazione, a conferma, dunque, che, all'epoca dei fatti, tale estensione non c'era.

"Trova sigillo giudiziario una vicenda che - commenta il legale dei proprietari - con il buon senso e la lealtà dei comportamenti avrebbe dovuto già risolversi da tempo. Gli amministratori comunali di Uggiano sapevano benissimo che non vi era da parte dei proprietari dell'immobile alcuna volontà di trasferirlo ma soltanto di conferirlo in società per una sua più utile e proficua utilizzazione nell'interesse anche del complessivo sviluppo socio-economico. Insinuarsi nell'atto di conferimento per cercare di sottrarre il bene ai legittimi proprietari è stato quindi un atto odioso prima ancora che illegittimo e come tale è stato sanzionato dalla giustizia".

"Del resto - prosegue -, è davvero singolare che in una fase di assoluta carenza di pubbliche risorse vengano impegnate somme rilevanti per sottrarre ai privati un bene che peraltro è vincolato a destinazione turistica e che comunque proprio grazie all'impegno dei soggetti privati può essere valorizzato. Le pubbliche risorse dovrebbero essere utilizzate per i pubblici servizi non certo per scelte che oggettivamente danneggiano i privati anche nel loro legame con gli immobili e per acquisire un bene che comunque è vincolato sicché la sua fruizione compatibile con il suo pregio storico artistico è in ogni caso garantita dalla legge".

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