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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Maglie

Operai sul tetto di Copersalento per chiedere un futuro

Prosegue la protesta dei 35 lavoratori rimasti a casa dopo la chiusura dell'azienda: arrampicati, intorno ai forni dell'azienda, continuano a chiedere di tornare a lavoro. Interrogazione della Poli

MAGLIE - L'altra faccia di Copersalento, ancora in mostra in tutto il suo lato di disperazione e precarietà: i trentacinque dipendenti, rimasti a terra dopo la chiusura dell'azienda nel maggio scorso, a causa dell'ordinanza sindacale e della vicenda sulle emissioni di diossina in atmosfera, "portano in cielo" la propria protesta. Dopo aver manifestato davanti al comune magliese, presso i cancelli della CoperSalento e dopo che ieri alcuni di loro avevano minacciato di dar fuoco a quattro serbatoi interrati di esano, oggi i lavoratori, senza alcuna certezza sul proprio futuro, sono tornati a protestare dall'alto dei forni dell'azienda, chiedendo a gran voce di ritrovare il proprio posto di lavoro. Una forma di contestazione convincente ed insistente, per attrarre l'attenzione delle istituzioni sul loro caso, divenuto, in qualche modo, la parte meno discussa dell'intera vicenda di Copersalento.

Si era parlato, nei giorni scorsi, della quasi certa convocazione di un tavolo ad hoc in Prefettura, ma, tra i lavoratori, la sensazione che si sta facendo largo ormai da qualche tempo è che il problema più che ambientale stia assumendo contorni e derive politiche: nessuno, infatti, sembra voglia assumersi la responsabilità di riaprire l'impianto, sia per i risvolti penali che questa scelta comporterebbe, sia per l'inevitabile marasma di nuove polemiche politiche che ne susseguirebbe.

La richiesta degli operai (che va ricordato, non ricevono alcuna cassa integrazione, perché sospesa per la presunta responsabilità dell'azienda nella sopraggiunta chiusura) resta quella di riprendere l'attività per un tempo, che oscilli tra i sessanta o novanta giorni, per verificare che l'azienda sia in grado di lavorare, restando al di sotto del limite di 0,1 nanogrammi di emissioni, proseguendo con la procedura semplificata (che prevede un limite più basso delle emissioni in atmosfera rispetto a quello ordinario che ha un limite di 2,5 nanogrammi, bruciando biomasse).

In buona sostanza, i trentacinque dipendenti vogliono capire che ne sarà di loro ed avere una speranza di poter ritrovare un diritto, garantito dalla Costituzione italiana: il lavoro.

La senatrice Adriana Poli interroga il ministro dell'Ambiente

E intanto, con un'interrogazione a risposta scritta la senatrice Adriana Poli Bortone chiede al ministro dell'Ambiente di fare luce sulla delicata questione. "Le diossine che contaminano il territorio e la catena alimentare del comprensorio magliese - afferma Adriana Poli Bortone - appartengono al gruppo delle 222 sostanze vietate dalla Convenzione di Stoccolma del 2001 e classificate nel 1997 dalla Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) come cancerogeno di classe I, ossia come cancerogeno certo per l'uomo ad azione mutagena multiorgano. Una condizione dunque di totale rischio sanitario che compromette la salute di tutti i cittadini salentini".

"Ho inteso dunque presentare una interrogazione urgente al ministro per conoscere se la Coopersalento di Maglie poteva ottenere i certificati verdi di cui è in possesso pur non avendo nessun certificato di agibilità, né certificazione antincendio e se il governo nazionale possa ritirare i suddetti certificati verdi qualora essi siano stati conferiti in violazione della normativa vigente", spiega la fondatrice di Io Sud. "Sarebbe anche interessante - cotrinua - sapere se il Governo non intenda intervenire a più ampio raggio per verificare l'intero sistema di smaltimento dei rifiuti previsto per il sud Salento. Non vorrei infatti che si potessero configurare violazioni del principio di precauzione in materia di tutela della salute pubblica, come sembrerebbe invece realizzarsi per gli impianti d'incenerimento nell'area magliese nonché per il caso della discarica di servizio prevista sulla falda acquifera del Salento in agro di Corigliano d'Otranto e dell'impianto di biostabilizzazione previsto a Poggiardo".

"E' assurdo pensare che nel 2009 si debba ancora civilmente risolvere il problema della non conflittualità fra lavoro e tutela della salute. Tutta la solidarietà di Io Sud agli operai in lotta, che, peraltro, sono stati anche i più esposti direttamente ai danni della diossina. Della ricollocazione di questi operai deve farsi carico la proprietà e, in termini istituzionali, il Comune di Maglie e la Provincia attraverso una priorità di occupazione di questi e degli altri disoccupati nel Salento (pensiamo ai licenziati della Goggi ed agli operai in lotta dell' Adelchi) - conclude -, pensando semmai a collocarli nelle nuove strutture commerciali che stanno per iniziare la loro attività, a partire da quelle della città capoluogo".

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