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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca

Operazione “Shylock”, invocati 29 anni per imputati con il rito abbreviato

Usura: sono state discusse oggi, dinanzi al gup Antonia Martalò, le posizioni di otto imputati. Per due la Procura ha chiesto l'assoluzione. L'indagine fu condotta nel 2010 dai carabinieri di Lecce

 

Sono state discusse oggi, dinanzi al gup Antonia Martalò, le posizioni degli imputati che hanno scelto il giudizio con rito abbreviato nell’ambito del processo scaturito dall’operazione denominata “Shylock”. L'operazione, il cui nome ricorda il più celebre degli usurai, quello creato dalla penna di William Shakespeare ne “Il mercante di Venezia”, fu condotta nel luglio scorso dai carabinieri del Comando provinciale di Lecce, sotto la guida del colonnello Maurizio Ferla, e portò a smantellare un'associazione per delinquere finalizzata all'usura, all'estorsione, all'esercizio abusivo di attività finanziaria ed al riciclaggio. 

Diciannove gli arresti eseguiti (18 in carcere e uno ai domiciliari) in base ad un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Lecce, Maurizio Saso, tra Trepuzzi, Surbo, Lecce, Lequile e Nardò. Un arresto fu eseguito anche in provincia di Bologna. Sei, invece, le persone denunciate a piede libero. Tre di loro, in particolare, sono accusate di favoreggiamento perché hanno sempre negato di essere vittime degli usurai, nonostante i riscontri investigativi. La posizione di uno di loro, che ha poi deciso di collaborare con gli inquirenti e fornire elementi utili alle indagini, è già stata stralciata e archiviata.

In otto hanno scelto il giudizio abbreviato. Gli altri quattordici, invece, saranno giudicati, con rito ordinario, dinanzi ai giudici delle prima sezione penale del Tribunale di Lecce. Due delle presunte vittime si sono costituite parte civile, assistiti dagli avvocati Paolo Spalluto e Antonio Scarciglia. Le pene più severe, rispettivamente a 9 e 6 anni più 4mila euro di multa, sono state invocate, dal pubblico ministero Alessio Coccioli, per i due presunti promotori dell’organizzazione: Francesco Fantastico e Alfredo Scardicchio (per cui è stata riconosciuta l’attenuante di aver collaborato con la giustizia). 

L’accusa ha chiesto 6 anni anche per Alessia Perrone (più 4mila euro). Quattro anni e 8mila euro, invece, per Marcella Scardicchio e Alessia Perrone, e 3 anni e quattro mesi di reclusione per Mario Scardicchio (per cui l’accusa ha escluso l’associazione). Chiesta l’assoluzione, perché il fatto non sussiste, per Caterina Fantastico e Vito Scardicchio, accusati di riciclaggio. L’udienza è stata aggiornata al 22 novembre per le repliche della difesa, mentre le sentenze sono attese per il 30. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giuseppe e Michele Bonsegna, Ladislao Massari, e Lavinia Gala.

A dare avvio alle indagini, nel febbraio del 2009, la denuncia di un imprenditore di Trepuzzi operante nel settore della vendita di apparecchiature e delle consulenze in ambito informatico, che ha già avuto accesso al fondo anti usura. L'inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce, dal procuratore Cataldo Motta e dal sostituto Alessio Coccioli, ha portato alla scoperta, attraverso l'ausilio d’intercettazioni telefoniche, indagini bancarie e consulenze di natura finanziaria, dell'esistenza di sei canali usurari, con collegamenti con personaggi vicini alla Sacra corona unita. Una decina in tutto le vittime accertate delle quali solo quattro hanno denunciato. Si tratta di tre imprenditori in difficoltà ed un impiegato.

Secondo l'ipotesi accusatoria a capo del sodalizio criminale vi era un terzetto composto da Alfredo Scardicchio, Francesco Fantastico e Luigi Durante. In particolare Luigi Durante, uno dei proprietari della finanziaria Fin.Co. di Nardò, metteva a disposizione la sua struttura - che di fatto si configurava come un'attività di copertura - per fornire il denaro da prestare alle vittime. Tra i sistemi maggiormente utilizzati quello del cambio assegno post-datato, che faceva schizzare gli interessi al 120 per cento annui e, in alcuni casi, addirittura al 300%. Le vittime, imprenditori alle prese con la crisi economica e ridotte letteralmente sul lastrico, erano costrette dall'organizzazione a sottoscrivere dei prestiti da società finanziarie con il meccanismo della truffa attraverso la comunicazione di dati falsi (riguardanti ad esempio le buste paga). Denaro che serviva poi a pagare gli usurai. 

Per chi si rifiutava o non erano in grado di saldare i debiti contratti, le strategie adottate erano quelle delle minacce e dell'intimidazione. Ad agire sarebbero stati Persano e Lacirignola, personaggi già condannati per associazione mafiosa e conosciuti nel territorio come appartenenti alla Scu, in particolare al clan Cerfeda. A loro spettavano i compiti di "recupero crediti". Un ruolo determinante, in questo senso, l'avrebbe avuto anche Alessio Perrone, pluripregiudicato figlio di Antonio, noto boss della Sacra corona e autore del libro "Fine pena mai". Alle minacce verbali, del tipo "se mi denunci o non paghi ti sparo" o "ti trasciniamo legato alla macchina per le vie del paese", si passava alle vie di fatto, schiaffoni e percosse. 

Tra gli arrestati anche Luigi Cinquepalmi, l'autista del sindaco di Trepuzzi. Nel corso dell'operazione furono anche sequestrati beni mobili e immobili, nonché conti correnti bancari, per un valore complessivo di circa un milione di euro. In particolare, due abitazioni a Trepuzzi e Marittima di Diso, un terreno in località Spiaggiabella e un'auto di grossa cilindrata.

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