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Cronaca

Operazione "Twilight", il Riesame: "Non sussiste alcuna associazione"

Depositate le motivazioni del Tribunale della libertà, secondo cui gli indagati non fanno parte di un'associazione. Si parla di singoli casi di usura

LECCE – “Il collegio ritiene che non sussista né un’associazione mafiosa né un’associazione semplice”. Per i giudici del Riesame, dunque, i fratelli Fabio, Stefano e Giuliano Persano (arrestati all’alba dello scorso 29 novembre nell’ambito dell’operazione denominata Twilight e poi scarcerati dal Riesame su istanza della difesa) non fanno parte di alcuna associazione dedita all’usura. Secondo l’ipotesi accusatoria i tre avrebbero avuto un ruolo assolutamente predominante nell’associazione, sovrintendevano alle attività delittuose poste in essere dai sodali, percependo regolarmente i guadagni derivanti dallo svolgimento delle medesime e intervenendo a dirimere eventuali controversie riguardanti i soggetti interni ed esterni all' associazione. Inoltre avrebbero gestito una cassa comune alimentata con i proventi delle illecite attività. Una tesi che il Riesame ha confutato: “Mancano una struttura, un’organizzazione,  una condivisione d’interessi, una cassa comune”. Per i tre, assistiti dagli avvocati Francesco Spagnolo, Ladislao Massari e Luigi Corvaglia, il Riesame ha annullato la misura cautelare.

In merito alla figura di Oronzo Persano, cugino dei tre, che in virtù della propria figura criminale avrebbe fatto da garante per il recupero crediti, i giudici (come evidenziato dall’avvocato Gabriele Valentini) specificano che, pur avendo scontato diversi anni per delitti gravi come l’omicidio, lo stesso non è stato mia condannato per associazione mafiosa, né per aver fatto parte della Sacra corona unita. Il suo ultimo reato risale al 1991. Inoltre, dalle intercettazioni e dalle memorie difensive, emergono rapporti piuttosto burrascosi tra “Ronzino” e i fratelli Persano, stanchi delle continue richieste di aiuto economico.

In quanto allo sfruttamento della prostituzione, il Riesame evidenzia come l’unico a essere coinvolto sia Maurizio Persano, che la realizza con soggetti diversi da quella della presunta associazione. “Si tratta – si legge nelle motivazioni – di un elemento in più per ritenere che Maurizio Persano non faccia parte dell’associazione e che quest’ultima, in definitiva, non sussista”.

Diversa la lettura in merito alla presunta attività d’usura: “Evidente risulta, dunque, come gli stesi fratelli Persano, sebbene tutti dediti all’usura, agissero e operassero ognuno per proprio conto, nel proprio esclusivo interesse, senza alcuna cassa comune, senza alcun accordo stabile e organico, anzi spesso all’insaputa l’uno dell’altro, totalmente al di fuori di qualsiasi vincolo associativo”.

Rimane, al di là dell’esistenza di un’associazione, lo spaccato di una città in cui l’apparire fagocita l’essere. Dietro i monumenti barocchi, le tradizioni e il sonnacchioso provincialismo, si nasconde un mondo diverso, fatto di prestiti a interessi da capogiro, coperti da assegni post datati che vagano da una mano all’altra, auto acquistate e poi vendute, debiti che non vengono onorati e che aumentano, minacce e intimidazioni, attività commerciali che vacillano. Uno spaccato sociale che emerge dalle carte giudiziarie, di una città in chiaroscuro, dove le cose non sono quasi mai come appaiono, in cui le vittime divengono carnefici. Dove direttori di istituti di credito operano in maniera spregiudicata e illecita, in cui l’usurato, pur di ottenere “un po’ di ossigeno”, trova altri clienti o meglio potenziali vittime, una catena di vampiri, proprio come in Twilight. 

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