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Cronaca

Processo sui palazzi di via Brenta, sconto di pena in appello per Giuseppe Naccarelli

Due anni e tre mesi, a fronte di una condanna a tre anni emessa in primo grado. E’ questo il verdetto ei giudici della Corte d’appello di Lecce per Giuseppe Naccarelli, ex dirigente del servizio finanziario del Comune di Lecce, al centro del primo filone d’inchiesta sui presunti illeciti legati ai palazzi di via Brenta, sede della giustizia civile

LECCE – Due anni e tre mesi, a fronte di una condanna a tre anni emessa in primo grado. E’ questo il verdetto ei giudici della Corte d’appello di Lecce per Giuseppe Naccarelli, ex dirigente del servizio finanziario del Comune di Lecce, al centro del primo filone d’inchiesta sui presunti illeciti legati ai palazzi di via Brenta, sede della giustizia civile. Lo sconto di pena deriva dal fatto che i giudici hanno assolto l’imputato da uno dei cinque episodi di falso contestati.

Nel processo di primo grado Naccarelli era stato il solo imputato condannato. Il giudice Stefano Sernia, pur riconoscendo quasi in pieno l’ipotesi accusatoria, aveva ritenuto che vi fosse un fatto diverso da quello contestato e che, pertanto, il reato non è truffa, bensì di concorso in abuso d’ufficio e peculato. Un reato per cui non è competente il tribunale monocratico ma quello collegiale. Da qui l’invio degli atti alla Procura per la contestazione dei nuovi capi d’accusa che, sempre su indicazione del giudice, doveva comprendere altri due e personaggi illustri dell’amministrazione comunale leccese: l’ex sindaco Adriana Poli Bortone e l’ex segretario comunale Domenico Maresca. La posizione di quest’ultimo è stata poi archiviata. L’ex senatrice è diventata dunque uno degli imputati in quello che, oltre che un processo assai complicato (che ancora deve iniziare), rimane un caso politico e giudiziario che continua a dividere l’opinione pubblica e a contrapporre schieramenti e partiti.

A processo, oltre l’ex sindaco Poli Bortone; Massimo Buonerba; Ennio De Leo, ex assessore al Bilancio del Comune di Lecce; Pietro Guagnano, legale rappresentante della Socoge; Maurizio Ricercato e Fabio Mungai, amministratore delegato e dirigente della Selmabipiemme; Vincenzo Gallo funzionario ed agente della SelmaBipiemme. Le accuse a vario titolo sono di peculato, tentato peculato e abuso d’ufficio. Il Comune di Lecce, assistito dall'avvocato Andrea Sambati, e la Selma, si sono costituiti parte civile.

Secondo quanto ipotizzato dall'accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto Antonio De Donno, “Buonerba, che agiva d’intesa con il sindaco Poli Bortone e su indicazione della stessa e nell’interesse della Socoge che aveva l’esigenza di definire una situazione debitoria, suggeriva a Naccarelli di avviare la procedura amministrativa finalizzata all’acquisizione in leasing, anziché in semplice locazione, ei due immobili di via Brenta”. Si sarebbe dunque cercato di agevolare la Socoge, proprietaria degli immobili di via Brenta.

Questa ha poi venduto i due complessi alla società Selmabipiemme, che li ha poi ceduti in leasing al Comune di Lecce. Le due società si sarebbero accordate per stipulare un contratto di leasing ben più oneroso del valore reale, proprio in previsione che il Comune subentrasse alla Socoge e dunque ne ereditasse le condizioni svantaggiose. Un contratto di leasing che impegnò l'amministrazione leccese a versare due milioni e mezzo di euro all'anno per 20 anni, oltre ad un riscatto di 14 milioni di euro. Nel mezzo cifre gonfiate e atti falsificati, tutto – secondo la Procura – a scapito del Comune e di un danno patrimoniale di milioni di euro.

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