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Cronaca

Rapina e stupro durante un permesso premio, arriva la condanna a 16 anni

La sentenza è stata emessa dal gup di Bari nel giudizio abbreviato nei confronti di Cosimo Damiano Panza, 53 anni. Era in carcere a Lecce

LECCE – Condanna a 16 anni nel giudizio con rito abbreviato nei confronti di Cosimo Damiano Panza. Il 53enne, assistito dagli avvocati Rita Ciccarese e Benedetta Martina, è accusato di sequestro di persona, rapina aggravata, violenza sessuale, porto abusivo di arma bianca e furto (con l’aggravante della recidiva). La sentenza è stata emessa dal gup del Tribunale di Bari Oliviero Del Castillo che aveva disposto un’integrazione probatoria dopo che la difesa aveva evidenziato la mancanza di una prova certa della colpevolezza di Panza, attraverso riscontri scientifici o un riconoscimento diretto da parte della vittima. La perona offesa si è costituita parte civile con l’avvocato Mariangela Minenna (del foro di Bari) e nei suoi confronti il giudice ha disposto una provvisionale di 15mila euro. A rappresentare l'accusa il pubblico ministero Simona Filoni, che ha chiesto una condanna a 16 anni.

I fatti si sarebbero verificati lo scorso 6 ottobre, durante un permesso premio: il 53enne avrebbe rapinato e abusato di una dipendente di un’associazione con sede nel centro di Bari, minacciandola con un coltellino. Stando alla denuncia della vittima e alle successive indagini dei carabinieri, il 53enne si sarebbe introdotto in pieno giorno nell’ufficio con una scusa e avrebbe poi estratto dalla tasca un coltellino a serramanico minacciando la donna, una 27enne, che in quel momento si trovava sola. “Dammi i soldi o ti taglio tutta” le avrebbe detto, facendosi consegnare i 15 euro che aveva in borsa. Sotto la minaccia della stessa arma, l'uomo l’avrebbe poi costretta a seguirlo in bagno dove avrebbe abusato di lei. La vittima sarebbe poi riuscita a fuggire dalla stanza e dall’edificio per rifugiarsi in un bar, da dove ha chiesto aiuto. Prima di darsi alla fuga, Panza avrebbe rubato altri 350 euro da una borsa che era stata lasciata in ufficio da un’altra dipendente che era in pausa pranzo.

Alla sua identificazione gli investigatori sono giunti grazie alla descrizione fornita dalla vittima, incrociata con le immagini di telecamere di videosorveglianza, una del circuito cittadino e altre due private. Panza già in passato aveva riportato condanne penali per reati dello stesso tipo. L’uomo è detenuto per altri fatti e a breve avrebbe finito di scontare la sua pena. In carcere a Lecce era ritenuto un detenuto "modello", tanto che i magistrati del Tribunale di Lecce gli avevano concesso, in più occasioni, vari permessi premio. Nelle scorse settimane era fissata dinanzi al Tribunale di Sorveglianza l’udienza per la concessione degli arresti domiciliari o della messa alla prova.

"Questa sentenza - ha commentato l'avvocato Rita Ciccarese, che ricorrerà in appello -, legata a una presunta colpevolezza ancora tutta da dimostrare, riguarda una tragica vicenda che non deve però sminuire o inficiare il grande lavoro e il percorso rieducativo dei detenuti portato avanti dalla casa circondariale di Lecce di concerto con il Tribunale di sorveglianza". La concessione dei permessi avviene secondo criteri e regole severe, dopo un'attenta valutazione del detenuto e il percorso compiuto all'interno dell'istituto penitenziario.

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