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Cronaca Gallipoli

Rosario Padovano confessa: ordinò di uccidere fratello

L'interrogatorio è durato circa tre ore. "Nino Bomba" non sarebbe però stato assassinato per prendere in mano la leadership nella gestione degli affari illeciti, ma per contrasti in ambito familiare

LECCE - "E' vero, sono stato io a dare ordine di uccidere mio fratello". Vittima e carnefice, uniti dallo stesso sangue. Non è un film, ma l'inquietante scenario che si è delineato dietro l'omicidio di Salvatore Padovano, ucciso il 6 settembre 2008 fuori da una pescheria di Gallipoli. La confessione è arrivata questo pomeriggio dal carcere di Borgo San Nicola, dove da sabato si trova rinchiuso Rosario Padovano, 38 anni, fratello dell'ex boss gallipolino, arrestato dalla squadra mobile e dai carabinieri dei Ros con l'accusa di essere il mandante dell'efferato delitto. A finire in manette insieme a lui, con la medesima accusa, anche il cugino Giorgio Pianoforte, 46 anni, proprietario della pescheria fuori dalla quale è avvenuto l'omicidio, e Fabio Della Ducata, 43 anni, che avrebbe fornito un supporto logistico all'esecutore materiale.

E' durato tre ore l'interrogatorio di garanzia davanti al gip Andrea Lisi ed al pubblico ministero Elsa Valeria Mignone: alla presenza del suo difensore, l'avvocato Viola Messa, ha risposto dalle 13 alle 16 alle domande del giudice con estrema lucidità, facendo emergere la sua verità. A detta di Rosario Padovano, il movente dell'omicidio non sarebbe da ravvisarsi, così come ipotizzato dagli inquirenti, nel desiderio di supremazia nella gestione delle attività illecite, ma riguarderebbe esclusivamente contrasti maturati in ambito familiare.

A Rosario non sarebbe andato giù il fatto che Salvatore fosse in netto contrasto con i genitori. Anche il suo principale accusatore. Carmelo Mendolia, l'esecutore materiale dell'omicidio che con le sue rivelazioni dal carcere di Busto Arsizio ha permesso di fare luce sull'uccisione di Nino Bomba, avrebbe dichiarato agli inquirenti che Rosario diceva che con la morte di Salvatore la madre avrebbe almeno finito di soffrire. Il teorema accusatorio del pubblico ministero sarebbe sostenuto, oltre che dalla confessione di Mendolia, da una serie di intercettazioni dalle quali si evince come l'agguato ai danni dell'ex boss fosse pianificato in ogni minimo particolare.

La mattina di quel sei settembre, Salvatore Padovani si recò presso la pescheria del cugino "Paradiso del mare", poi venne chiamato fuori da questo perché un ragazzo sosteneva di aver urtato la sua macchina. Una volta fuori dal negozio, Nino bomba fu raggiunto da quattro proiettili sparati da Mendolia, che si trovava a bordo di uno scooter col volto coperto da casco integrale. Un agguato in piena regola. Oggi, a più di un anno dall'omicidio, sono stati individuati alcuni dei responsabili, ma gli inquirenti sono ancora a lavoro poiché ci cono altre persone indagate a piede libero, forse coinvolte nella vicenda, tra cui anche alcuni colletti bianchi. Salvatore Padovano ultimamente si era avvicinato al mondo delle aste giudiziarie ed è probabile che avesse avuto a che fare con qualche amministratore o con alcuni imprenditori per motivi d'interesse. Ma questo non ha nulla a che vedere con l'omicidio: potrebbe essere il primo capitolo di una nuova storia.

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