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Cronaca Cursi

Cave ed abusi in zone sottoposte a vincolo: singolare sentenza del Tar Lecce

L'autorizzazione paesaggistica in sanatoria anche per l'attività di coltivazione di cava è assimilabile a quella edilizia, laddove non ci siano nuove superfici e volumi: il caso modello, quello di una ditta nel comune di Cursi

CURSI - L’autorizzazione paesaggistica in sanatoria può essere rilasciata anche per l’attività di coltivazione di cava, abusivamente realizzata in zona sottoposta a vincolo, nella misura in cui la stessa non determini anche la creazione di superfici utili e volumi. Sarebbe, quindi, assimilabile all’attività edilizia alla quale, ordinariamente, si applica il principio secondo cui sono suscettibili di divenire oggetto di autorizzazione paesaggistica in sanatoria le opere realizzate in zona sottoposta a vincolo senza creazione di superfici utili e volumi.

È questo, in buona sostanza, il principio espresso dai giudici della prima sezione del Tar Lecce (Pres. Cavallari, Cons. Moro, Ref. Est. Lattanzi) i quali, in accoglimento della tesi esposta dall'avvocato Ernesto Sticchi Damiani, hanno approvato il ricorso presentato da una ditta salentina esercente l’attività di coltivazione di cava nel Comune di Cursi.

In particolare, il giudice amministrativo ha ritenuto non corretto l’operato dell’assessorato qualità del territorio - Servizio urbanistica della Regione Puglia che, nell’ambito di un procedimento di sanatoria paesaggistica di un ampliamento di una cava di pietra leccese abusivamente realizzato in zona sottoposta a vincolo, ha respinto la richiesta di autorizzazione avanzata dalla ditta. L'assessorato in questione, infatti, ha ritenuto che l’attività di coltivazione di cava non costituisse attività edilizia, laddove solo a quest’ultima si applicasse il principio, secondo il quale sono suscettibili di autorizzazione paesaggistica in sanatoria le opere realizzate in zona sottoposta a vincolo senza creazione di superfici utili e volumi.

In sintesi, secondo la tesi della Regione, gli articoli di legge che consentono la sanabilità di tale tipologia di abusi riguardano l’attività edilizia e, pertanto, non attengono a trasformazioni del territorio abusivamente realizzate nell’ambito di attività estrattive e, quindi, l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria non sarebbe estendibile in via analogica alle ipotesi prospettate.

Accogliendo il ricorso di Sticchi Damiani, il giudice amministrativo ha stabilito che, nel caso di attività strumentali alla coltivazione di una cava (in zona sottoposta a vincolo) che non determinino anche “creazioni di superfici utili o volumi ovvero aumenti di quelli legittimamente realizzati”, sia possibile rilasciare l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria e ciò, in quanto l’attività estrattiva è assimilabile all’attività edilizia in senso stretto e, quindi, laddove, come di norma accade, non crei anche superfici utili o volumi, è suscettibile di recupero a legittimità sotto il profilo paesaggistico.

La decisione riveste interesse per i comuni, come quello di Cursi, per i quali l’attività estrattiva costituisce una componente fondamentale per l’economia locale.

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