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Cronaca

“Il tumore al seno non è un castigo”. Lilt scommette sulla corretta informazione

La Lega italiana contro i tumori di Lecce presenta la campagna di sensibilizzazione e prevenzione"Nastro rosa". Sul banco degli imputati finiscono prodotti cosmetici, farmaci, alimenti potenzialmente cancerogeni e inquinamento

LECCE -“Il tumore al seno non è un castigo divino”. E come tale non si previene con la magia. Finalmente, dopo anni di scarsa informazione e ricerca medica, abbinata ad un’ insufficiente attenzione da parte del mondo delle istituzioni, si apre un varco sul fronte della prevenzione e cura della malattia, che non prescinde dallo stile di vita. Il messaggio che la Lega italiana contro i tumori lancia oggi, dalla sede di Palazzo Adorno, suona come un appello alla responsabilità personale, alle scelte che ciascuno può compiere a partire da una corretta informazione sul tema.

Il presidente di Lilt Lecce, Giuseppe Serravezza, è durissimo nel parlare di veri “crimini” che vengono commessi da commercializza, e da chi permette di immettere sul mercato, prodotti alimentari , cosmetici e farmacologici pieni zeppi  di sostanze cancerogene: “Finchè non si conosceva il potenziale dannoso di parabeni o additivi chimici, le donne introducevano veleni in modo inconsapevole. Oggi le più avanzate democrazie occidentali, inglesi e tedesche ad esempio, hanno bandito dagli scaffali le merci cancerogene che qui, in Italia, circolano indisturbate”. L’oncologo non si tira indietro sugli esempi: “Coca cola zero, il cui edulcorante ciclammato è stato bandito altrove, circolava gratuitamente tra i ragazzini che affollavano la piazza di Melpignano durante la Notte della Taranta”.

Persino la campagna nazionale e mondiale sulla prevenzione del cancro, “Nastro rosa 2012” che vede in prima fila l’associazione , a suo avviso non sarebbe priva di contraddizioni: “Il paradosso è nel suo principale sponsor: la nota azienda cosmetica Estée Lauder che, da un lato sostiene economicamente l’iniziativa, dall’altro distribuisce prodotti contenenti sostanze a rischio”.

L’altro versante della prevenzione, invece, ha un nome importante e quasi abusato: educazione e monitoraggio ambientale. E non è un caso che l’occasione giusta per sollevare il disastro dell’inquinamento ecologico sia proprio la patologia in questione. Se per anni, i principali imputati del cancro al seno sono stati gli estrogeni, la scienza ha portato sotto i riflettori un elenco di condizioni e sostanze che interferiscono con il corretto funzionamento ormonale. Una parte consistente di queste particelle micidiali per la salute pubblica è dispersa nell’aria o nella falda acquifera, inquina inesorabilmente le materie prime e i suoi derivati nella catena alimentare.

“La relazione tra salute pubblica e tasso di inquinamento ambientale è un’evidenza scientifica da anni”, sottolinea Serravezza. Ma ciò non ha impedito che nel nostro Paese ci si muovesse con netto ritardo “nello smantellare stabilimenti industriali ed impianti obsoleti per sostituirli con tecnologie all’avanguardia, addirittura ad emissioni zero”. “Il problema dell’inquinamento industriale è stato già affrontato e risolto brillantemente anni addietro, in Germania come in America. – aggiunge - Paesi che hanno, come minimo, delocalizzato gli stabilimenti dannosi per la salute, portandoli fuori dai centri abitati”.

Il pensiero vola, inevitabilmente, alla querelle sull’esistenza e sopravvivenza del siderurgico Ilva di Taranto. Ma “per quanto si registri un’ esplosione dell’incidenza tumorale in tutto il territorio salentino, la scienza ha un limite nel produrre un dato complessivo, organico, che non si può scorporare individuando e quantificando le responsabilità specifiche, proprie di ciascun stabilimento”. Laddove si ferma la scienza, però, “interviene il buon senso”. “Chi, oggi, grida al lupo al lupo è fuori tempo massimo, parla in modo anacronistico”.

Se qualcosa si muove a fatica, a rilento, un passo avanti importante, secondo l’oncologo che raccoglie il sostegno delle istituzioni presenti , è stato compiuto con l’introduzione di un’agenzia dell’ambiente e della salute che fa capo all’Arpa. Sin’ora le rilevazioni ambientali compiute dall’agenzia regionale per la protezione dell’ ambiente non incrociavano i dati sulla salute pubblica. Non misuravano gli impatti, perché semplicemente non ne avevano il diritto. “Le istituzioni, a partire dai parlamentari salentini, dovrebbero imprimere una svolta – risponde il presidente della Provincia, Antonio Gabellone – in modo da affidare alle varie Arpa competenze aggiuntive, in modo da intervenire sulle nuove esigenze e sensibilità emerse sul territorio”

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