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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca

Una città senza indicazioni (e se ci sono, sbagliate)

Domenica d'agosto. Lecce semideserta. In giro solo pochi sono turisti e visitatori. Chi cerca lo stadio, chi il centro, chi un hotel. Tutti hanno una domanda da porre. Forse perché mancano i cartelli

Mi presento. Sono Emilio Faivre, faccio il giornalista, ma da questo pomeriggio ho scoperto la mia seconda vocazione, che mi ha fatto convergere con estrema naturalezza verso una nuova professione, quella di uomo-cartello. Proprio così. E non c'è niente da ridere, credetemi. Anzi, come tutti i lavori, anche quello di uomo-cartello è dignitoso, oltre che estremamente utile.

Domenica di agosto, ore 14,30. Città deserta, baciata da uno splendido sole. Il momento migliore, per un lupo solitario, per uscire a fare due salutari passi intorno alla città. Niente auto strombazzanti, smog in ribasso, la cinta di Lecce da percorrere a piedi, per smaltire un po' di stress e tossine, buttando giù anche qualche grammo. Io lo so, siete tutti lì, al mare, chi a Torre dell'Orso, chi a Porto Cesareo, chi dove diavolo gli pare, pressati uno sull'altro in immensi carnai sulla sabbia, sguazzanti in acque ormai intiepidite, intrisi di oli e altre viscide pozioni, più neri del buon senegalese che cerca di rifilarvi l'ultimo cd taroccato dei "Negramaro". Ecco, restateci e lasciatemi la città vuota, i lunghi silenzi, la pace, il pensiero libero.

Lunghi silenzi? Pace? Pensiero libero? Ecco, giusto la città vuota c'è, anzi, semi-vuota, perché a percorrerla sono spaesati turisti e visitatori. Chi a piedi, chi in auto, tutti vogliono un'indicazione, tutti vogliono sapere che direzione prendere per andare di qua, andare di là, tornare di lì, raggiungere quelli di là.

Arrivo in viale degli Studenti, il ridente viale degli studenti, il viale giardino, quel parco fiorito di lutti, dove le ambulanze rimangono incastrate nel traffico e gli automobilisti, i centauri e i pedoni cadono come nespole, quando sento la brusca frenata di un'auto ad un incrocio pedonale, di fronte al semaforo improvvisamente rosso. E mentre annoto mentalmente che devo scrivere qualcosa sui semafori coperti dalle fronde degli alberi e sui "piloti" locali che su questo rettilineo avvertono il brivido della "pista rovente", ecco, proprio in quel momento, mi fermano due ragazze in auto. Mi trovo più o meno sotto il liceo "Palmieri". Una delle due farfuglia qualcosa dal finestrino, non capisco, mi avvicino. "Scusi, per lo stadio".

"Ah, ecco. Allora, andate sempre dritto, di qua", spiego, facendo segno con la mano di superare l'obelisco. "Ad un certo punto, vi troverete di fronte ad una specie di complesso megalitico…"

"Un cosa?", mi chiedono, sconcertate.

"Una rotatoria piena di pali neri", riprendo a parlare io. "Bene, superate la rotatoria e andate sempre dritte sulla circonvallazione. Dopo circa 350mila chilometri apparirà un'altra rotatoria, questa senza pali: lì, se non sbaglio, c'è anche un cartello che vi dirà di seguire la strada a sinistra. Se non c'è fatelo lo stesso: andate a sinistra e raggiungerete lo stadio". Non so se abbiano pensato che le stessi prendendo in giro. So solo che hanno superato l'obelisco.

Riprendo a passeggiare, svolto a sinistra per viale Gallipoli e, circa a metà strada, da qualche parte sbuca una ragazza, a piedi. Forse è venuta con il treno, forse è ospite di qualche alberghetto della zona, di un bed and breakfast, non so. So solo che sbuca fuori visibilmente spersa. "Mi scusi…"

Rieccoci, penso. "Prego".

"Mi scusi - ripete, avvicinandosi -, per il centro?"

Cavolo, questa è una domanda seria. Di quelle che ogni turista del mondo rivolge ad ogni passante dello stesso mondo in centinaia di lingue diverse ogni secondo di questa esistenza. La domanda clou per eccellenza, quella che mette in crisi tutti: io non ho mai capito se il centro di Lecce sia piazza Duomo, piazza Sant'Oronzo o piazza Mazzini. "Il centro… dove esattamente?", domando a mia volta.

Mi guarda, sorride, fa spallucce un po' imbarazzata. E poi, due parole: "Il centro…"

Mi guardo intorno, voglio aiutarla, sinceramente, cerco un appiglio anch'io per spiegarle come si arriva in centro, quindi le dico. "Vai dritta e raggiungi quell'incrocio: a destra c'è la stazione, a sinistra via Cairoli. Ecco, segui via Cairoli, vedrai che a metà strada si biforcherà, in fondo a destra c'è un arco; tu non andare a destra, ma vai a sinistra e segui ancora la vis. Ti porterà sul corso. E lì sceglierai tu quale sarà il centro: se piazza Duomo, a sinistra, o piazza Sant'Oronzo, a destra…"

Chissà cos'avrà scelto.

Riprendo a camminare, ormai sono nei pressi di viale Otranto, non lontano da Porta San Biagio. E lì, proprio lì, ecco che si avvicina un ragazzo, maglietta bianca e sandali, gronda sudore come una fontana. "Scusa, cumpà…"

Sto per chiedergli sarcasticamente se è svizzero, con quell'accento, prevenendo la solita tiritera del tossico di turno ("ho finito la benzina, devo tornare al paese, hai un euro da prestarmi?": attenzione, da prestare, perché poi verrà a cercarti per rendertelo, giusto?) quando mi accorgo che l'avevo giudicato male: non è tossico, anzi, probabilmente è più sveglio di me. Semplicemente, è disperato. "Scusa, cumpà… sta ‘mpacciscu… l'hotel Delle Palme?" Gli faccio segno di proseguire sempre dritto su via Leuca e gli spiego: "Devi camminare un bel po', arriverai quasi alla fine della strada, dove c'è un grosso incrocio. L'hotel si trova lì, sulla sinistra". Lo vedo allontanarsi soddisfatto. Chissà quanto ha penato, poveretto. Ora sa che la sua meta è prossima (più o meno).

Ri-riprendo la mia passeggiata, consapevole di aver parlato con quattro persone in una città vuota, e tutte in disperata ricerca della propria meta, e inizio a pensare: chissà, forse a Palazzo Carafa potrei farmi assumere come uomo-cartello. Otto ore in giro a piedi per la città fornendo indicazioni in cambio di un lauto compenso, e chissà se non mi danno anche i buoni pasto. E mentre rifletto, ecco spuntare nella mia mente, chissà come, chissà perché, il ricordo di una foto scattata tempo addietro e mai pubblicata finora, quella di un cartello in piazza Libertini, vicino alle Poste, che vedete in alto, e che il Comune o chi per lui ha ribattezzato: G.L. Bertini. Decido così di divulgarla, scacciando via dalla testa i cattivi pensieri. Dai, Emilio, in fondo le indicazioni e i cartelli a Lecce ci sono. Magari sbagliati, ma ci sono.

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