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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca Gagliano del Capo

Violenza su un bimbo? Alibi di ferro, caso archiviato

Un 38enne della zona di Leuca era stato accusato sulla base di una ricostruzione del bimbo di 9 anni di averlo molestato fino a farlo sanguinare. Cinque testimoni e un registro di lavoro a suo favore

LECCE - Il procedimento è stato archiviato. Ma il caso si potrebbe riaprire in qualsiasi momento. Ne è convinto l'avvocato Stefano Luna: "Il gip Antonio Del Coco ha spiegato in aula che le indagini non sono state svolte ad arte e che per questo non si è ancora risaliti ad un responsabile. Potremmo produrre nuove prove e ci stiamo già attivando. In quel caso, l'inchiesta si potrebbe riaprire". Non si arrende, la famiglia che rappresenta. Il nucleo vive nella zona del Capo di Leuca. Sotto i riflettori della Procura, un caso controverso e delicato, un presunto episodio di pedofilia che per ora non ha un colpevole, ma che di certo, per la parte fino ad oggi chiamata in causa, sembrerebbe avere un non colpevole. Si tratta di un 38enne, cugino del padre del bimbo, di soli 9 anni.

Cosimo Casaluci, il legale che l'ha difeso nel corso delle indagini, oggi può sorridere e ricordare quello che il gip scrive: "Rilevato alla stregua degli elementi raccolti, non vi è idoneità giudiziaria a sostenere l'accusa". Tradotto dal linguaggio freddo della burocrazia, significa che esiste un alibi di ferro, finora risultato inattaccabile: il 38enne non sarebbe stato lì, quel giorno e a quell'ora, quando il bambino avrebbe ricevuto alcune molestie (semmai questo sia avvenuto) perché impegnato sul lavoro. Ed una serie di testimonianze lo scagionerebbero. Tanto da aver convinto la stessa Angela Rotondano, il pubblico ministero che aveva in mano il fascicolo, a sollecitare l'archiviazione. Invano, dunque, è stata fatta opposizione da parte della famiglia, tramite l'avvocato Luna.

Il giorno e l'ora, si diceva. Era il 26 marzo del 2008, quando il bimbo si presentò a casa in uno stato spaventoso: sporco di sangue, con la maglietta girata al contrario. Ghiaccio nelle vene della madre. Poi, di corsa verso il pronto soccorso più vicino, quello di Gagliano del Capo. Nel referto i medici scrissero, testualmente: "Piccola emorragia zona prepuziale con piccola lesione del rafe". Una ferita troppo strana, per un bimbo. E sul momento, forse la vergogna avrebbe preso il sopravvento sulle domande incalzanti degli adulti preoccupati. Non avrebbe quindi spiegato come se la fosse procurata. Solo il giorno successivo, le cose sarebbero cambiate. Ed ecco spuntare, nella denuncia esposta di fronte ai carabinieri, il nome del cugino del padre, che il bimbo avrebbe sostenuto di conoscere di vista. I fatti, tra le 13 e le 13,05, all'interno dell'oratorio di una chiesa. Nel racconto del bimbo, si ricostruì di quell'uomo sbucato all'improvviso che, senza dire una parola, lo avrebbe fatto sedere, per poi infilare una mano nei pantaloni. Pungente, il dolore. Una deposizione rilasciata davanti ad un consulente medico nominato dagli stessi carabinieri. E' così che il nome del 38enne è finito nel registro degli indagati. Violenza sessuale e sequestro di persona, i reati ipotizzati.

"Ma il castello accusatorio è stato pian, piano frantumato", spiega oggi l'avvocato Cosimo Casaluci. Già nel corso dell'incidente probatorio, il consulente nominato dal pm, la psicologa Rosa Fatano, aveva espresso alcuni dubbi. "Date le lesioni riportate e in seguito refertate, il presunto atto di violenza […] non pare ascrivibile ad una vera e propria violenza sessuale, soprattutto di tipo omosessuale, ma piuttosto ad un atto aggressivo perpetrato tra minori". E, chiamata a verificare l'attendibilità delle dichiarazioni, la stessa consulente ha scritto, di suo pugno, come il Ctu ritenga che il bimbo non sia "in grado di potersi esprimere e riferire sui fatti oggetto di consulenza". Una sorta di gioco tra bambini? La minaccia di qualche coetaneo? Ipotesi. Ma perché, allora, quel nome? Per adesso è mistero. Ancor più oscuro, se si pensa al numero di persone pronte a testimoniare che il 38enne non fosse lì, quel giorno. Sembra che stesse lavorando presso un'azienda agricola che dista non meno di quattro chilometri dalla parrocchia. Ben cinque persone, non legate peraltro da rapporti di parentela o particolari vincoli d'altra natura con l'indagato, che hanno sostenuto come l'uomo si fosse trovato nell'azienda, per alcuni lavori di manutenzione, per tutta la mattinata e almeno fino alle 14,45, per poi pranzare a casa di un collega, come suo solito, e restarvi fino alle 16,15 circa. Sarebbe stato quest'ultimo a riaccompagnarlo a casa. Una prospettiva che troverebbe maggior valore, in considerazione del fatto che il 26 marzo del 2008, il nome del 38enne appare effettivamente nel registro delle presenze, insieme a quello del collega. Nell'udienza preliminare di questa mattina è quindi giunta l'archiviazione. Ma la storia finisce qui?

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