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"Confindustria, manca la serietà”. Fatano punta ad un’associazione alternativa

Il candidato alla presidenza della sede leccese, Roberto Fatano, denuncia la presunta incompatibilità dell’attuale commissario Zanasi al suo ruolo e mancanza di chiarezza in sede di consultazioni. Annuncia la sua fuoriuscita e l’intenzione di fondare un progetto alternativo

LECCE – Roberto Fatano, a suo dire, aveva vinto le elezioni all’interno di Confindustria Lecce, ottenendo 250 preferenze. A qualche mese di distanza, lungi dall’aver ricoperto la carica di presidente, è pronto a restituire invece la propria tessera associativa. “Non ne voglio più sapere nulla”, ha fatto sapere oggi alla stampa, nel corso di una conferenza in cui confermato la sua volontà di voltare pagina ed archiviare una storia conclusasi malamente.

L’elenco dei perché, sotteso al suo gesto, è corposo. Ma per comprenderlo è necessario fare un passo indietro, ritornando al momento delle dimissioni dell’ex presidente Leone De Castris avvenute in un contesto di forti “conflitti interni” tra gli associati. Conflitti di tipo umano, professionale e politico, sostiene Fatano.

La successiva fase di consultazioni interne, propedeutiche alle elezioni, avrebbe complicato ulteriormente le cose, fino alla richiesta, partita da Lecce, di avvalersi dell’aiuto della madre patria romana. Confindustria, per risolvere l’impasse, ha inviato in sede un commissario ‘ad acta’ utilizzando una procedura che, sempre a detta di Fatano, “semplicemente non esiste, in quanto la sede territoriale di Lecce è del tutto autonoma e i probiviri salentini erano gli unici competenti”. Gli associati salentini avrebbero quindi accettato questa soluzione di buon grado, confidando in uno snellimento dei lavori di elezione del nuovo presidente.

“Si doveva procedere con tempestività perché vi era un pacchetto di questioni di cose urgenti su cui intervenire, tra cui la gestione dei fondi europei e la contrattazione con i sindacati”, ha aggiunto.

“Le consultazioni, tuttavia, invece di subire un’accelerata sono state sospese e uno dei saggi leccesi ha ricevuto una mail, da Roma, in cui si chiedeva di secretare tutta la documentazione – prosegue Fatano nella sua denuncia -. Per vederci chiaro ho chiesto spiegazioni ed il segretario dei probiviri romani mi ha fatto capire che non dovevo chiedere conti ma rispettare le leggi, accettare quello che era accaduto oppure lasciare l’associazione”. Ai candidati alle elezioni presidenziali non sarebbe stata fornita, dunque, alcuna spiegazione “nonostante ogni associato abbia il diritto di chiedere ogni tipo di chiarimenti”.

Fatano ha colto l’occasione, dunque, per sollevare pubblicamente un presunto problema di trasparenza ed onestà, interno all’associazione locale e oltre. Tuttavia non ha ritenuto di accedere alle vie legali “per amore della stessa Confindustria, perché gli enormi tempi della giustizia paralizzerebbero l’azione degli industriali, e per la sede territoriale si sarebbe spalancato un lungo periodo di vuoto ed inattività”.

Ma tale rinuncia non ha placato la sua indignazione: “Forse si intende selezionare una dirigenza di Confindustria Lecce che sia quiescente rispetto ad altri interessi – ha proseguito - . Ma quali interessi ci sono davvero alle spalle? Ad esempio, chi ha vinto e perché l’appalto per la strada 275?”. E ancora: “Lo stesso commissario Eliseo Zanasi, attualmente in carica nella sede leccese, è stato condannato dalla Corte dei Conti con la sentenza 677 del novembre 2014 per reati che riguardano il patrimonio – aggiunge -. E ciò lo delegittima quanto meno sul piano morale, senza tralasciare il fatto che lo stesso Statuto interno prevede incompatibilità alla carica in caso di condanna passata in giudicato”.

La denuncia di Fatano suona, quindi, come un sasso gettato nello stagno. E, assicura lui, non rimarrà priva di conseguenze.

L’imprenditore, nel frattempo, ha preferito mollare tutto. E tornare a muoversi al di fuori di un’organizzazione che giudica “poco seria” e “scarsamente rappresentativa degli interessi del territorio”. Il suo non sembra essere neppure un caso isolato: la frustrazione e lo sconcerto, denunciati da Fatano, avrebbero contagiato un gruppetto di imprenditori che intende correre ai ripari. Due le possibili soluzioni: la creazione di un’altra associazione dedicata all’industria, al commercio ed ai servizi, parallela a Confindustria ma libera dai suoi lacci, caratterizzata da quote associative più basse e dall’applicazione di contratti di lavoro legati alla contrattazione territoriale (non nazionale, dunque), in linea con quanto previsto dal Jobs act. Oppure l’adesione ad una qualche sigla datoriale già esistente.  

Quel che è certo è che, per Fatano, ogni strada futura dovrà essere tracciata nel solco “dell’onestà e della serietà”.

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