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Disoccupazione: l'Italia non riparte. E a Lecce l'onta dell'ex manifattura tabacchi

Le rilevazioni di Istat, relative a marzo, cancellano i segnali di leggero miglioramento registrati a cavallo della fine dell'anno scorso. In provincia di Lecce il tasso di disoccupazione è il doppio di quello registrato a livello nazionale

LECCE - La diffusione, alla vigilia della Festa del lavoro, dei dati su occupazione e disoccupazione, da parte dell'Istat, ha scatenato una serie di commenti e reazioni dal mondo politico e sindacale, concentrate soprattutto sugli effetti negativi del Job Acts.

I numeri dell'istituto di statistica dicono che a marzo il tasso di occupazione è calato di un decimo percentuale rispetto al mese precedente, attestandosi al 55, 5 per cento. I disoccupati sono in crescita, su base mensile, dell’1,6 per cento. Un dato in controtendenza rispetto alla diminuzione di dicembre e gennaio e in linea invece con la leggera crescita di febbraio: il tasso di disoccupazione arriva così al 13 per cento. In valore assoluto, in un anno, il numero di disoccupati è salito di 138mila unità (4,4 per cento) e il tasso di disoccupazione di mezzo punto percentuale. Quello di inattività si mantiene stabile al 36 per cento.

Il quadro che emerge dall'analisi della dimensione locale, quella relativa alla provincia di Lecce, è ancora più severo: tasso di disoccupazione praticamente al doppio (25,8) di quello nazionale, tasso di occupazione al 41,6, tasso di inattività al 43,8. In termini assoluti nel 2004, secondo i dati di Confartigianato, gli occupati erano 243mila mentre nel 2014 sono scesi a 218mila. Le donne e gli uomini senza lavoro erano 41mila nel 2004, nel 2014 76mila. Sono molte le crisi che si sono consumate nell'ultimo decennio, con una frequenza sempre più alta: esemplificativa, nel capoluogo, perché chiama in causa diversi livelli di responsabilità e perché racchiude  tutte le contraddizioni di un modello di sviluppo in cui il lavoro è sostanzialmente l'ultima variabile, la chiusura dell'ex manifattura tabacchi (Bat) e la successiva fallita operazione di riconversione.

I commenti

Salvatore Arnesano, segretario generale della Cgil Lecce: "La solidarietà, la pace e l’integrazione sono i punti di riferimento attraverso cui ridisegnare il futuro del nostro Paese e sono le parole chiave scelte da Cgil Cisl e Uil per festeggiare il Primo Maggio quest’anno. Sono anche le parole d’ordine con cui la Cgil chiede di non dimenticare le 1.600 persone che, dall’inizio dell’anno, hanno perso la vita nel Mediterraneo e con cui chiede con forza all’Europa di affrontare l’emergenza migranti con politiche europee comuni, fondate sui valori di civiltà, umanità e accoglienza".

Siamo convinti inoltre che favorire l'integrazione significa anche investire nel lavoro e nello sviluppo. Questo primo maggio nel nostro territorio, come nel resto del Paese, si celebra in un panorama occupazionale che non risulta migliorato e che non spera in svolte reali se le ricette proposte dal governo continuano ad essere una ulteriore precarizzazione della condizione dei lavoratori e dei diritti sul lavoro. In un Paese in cui non viene ancora affrontato il problema del ruolo di responsabilità sociale delle grandi imprese e delle multinazionali e in cui non si fa una seria politica di equità fiscale e di redistribuzione della ricchezza e di welfare in favore delle persone più in difficoltà, la Cgil continuerà il suo impegno, ogni giorno dell’anno, anche nella nostra provincia, per la dignità, per i diritti, per le tutele e per la legalità, al fianco dei lavoratori, delle donne, dei giovani, dei migranti e dei disoccupati.

Paolo Foresio, Partito democratico: "Si chiama Festa del lavoro ma c’è oggettivamente poco da festeggiare per chi sta vivendo momenti drammatici a livello occupazionale. Penso, innanzitutto, agli operai ex Bat che, qualche giorno fa, hanno occupato l’aula consiliare del Comune, vittime della grande beffa di un piano di riconversione mai realizzato. Duecentocinquanta operai che sono fuori dal ciclo produttivo, forza lavoro rimasta al palo non senza responsabilità precise della politica. Sarebbe stato, infatti, opportuno vigilare prima per assicurarsi che il piano di riconversione andasse a buon fine. Cosa che non è stata fatta con le conseguenze che conosciamo, mentre il disagio di tante famiglie avrebbe meritato ben altre azioni operative. La speranza ora per questo Primo Maggio è che si possa trovare una soluzione per ridare serenità agli operai, che altro non chiedono se non di poter tornare ad essere produttivi".

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