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"Il riordino ospedaliero non si può fare": Cisal presenta una denuncia

Il segretario della Federazione D'Ambra sostiene che il regolamento di riordino sia in contrasto con la legge 4 del 2010. E gli infermieri presentano ricorso al Tar

LECCE – “Il piano di riordino sanitario non può essere approvato”: parola di Cisal sanità che sul programma di riorganizzazione dei reparti nei vari ospedali della provincia di Lecce ha speso parole poco tenere, questa mattina, nel corso di una conferenza stampa indetta presso la sede locale del sindacato.

La posizione del segretario provinciale Federazione Cisal Sanità, Giovanni d’Ambra è particolarmente critica: “Questo piano è un bluff; non può essere attuato perché il nuovo regolamento regionale del 28 febbraio deroga alla legge adottata dal governo Vendola, la numero 4 del 2010”. Si tratta della famosa legge regionale “norme urgenti in materia di sanità e servizi sociali”.

Sul punto il segretario ha presentato una denuncia contro l’Asl di Lecce e le altre Asl pugliesi perché, a suo avviso, si potrebbe configurare il reato di omissioni di atti d’ufficio. “Nessuna Asl, eccetto l’azienda sanitaria della Bat, ha predisposto l’atto aziendale, come previsto dai commi 9 e 10 della legge regionale 4, che servono a fotografare la reale situazione degli ospedali e dei dipartimenti sul territorio – puntualizza il segretario -. In assenza di questo documento, che poi deve passare al vaglio della giunta regionale chiamata a valutare ed approvare sia l’atto che le sue eventuali modifiche, non credo che il piano di riordino possa essere messo in pratica”.

E ancora: “Il regolamento regionale di riordino numero 239 del febbraio 2017 è giuridicamente subordinato alla legge regionale 4 del 2010, che è la fonte la fonte primaria della legislazione e non viene menzionata in nessun rigo. – aggiunge D’Ambra -. L’atto, si legge nel comma 9, è un documento mediante il quale i direttori generali istituiscono i dipartimenti, le unità operative e le strutture di staff nei limiti delle disposizioni vigenti e deve essere approvato dai direttori generali entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge”.

Allo stesso modo, si legge nella denuncia, anche le giunte regionali avrebbero omesso, dal 2010 in poi, di valutare e approvare tali atti. “Sembra che la direzione generale dell’Asl di Lecce non abbia il polso della situazione sanitaria in provincia, ed un esempio è dato dal fatto che l’ospedale di Casarano, pur essendo il secondo per importanza, è interessato da un declassamento. Ho interessato la Procura della Repubblica di Lecce ed ora aspetto gli esiti dell’azione giudiziaria per capire se vi sia effettivamente un’ipotesi di reato”.

Restando in tema, anche gli infermieri hanno ingaggiato una nuova battaglia a suon di carte bollate. Circa 30 professionisti, infatti, difesi dagli avvocati Leonardo Maruotti e Francesco Romano, hanno depositato presso il Tar di Lecce, un ricorso contro il provvedimento numero 1892 del 29 dicembre 2016 con il quale la direzione di via Miglietta a Lecce ha indetto concorso pubblico per la copertura di 100 posti.

I trenta lavoratori sono tutti salentini, in servizio con contratto a tempo indeterminato presso altre Asl, e chiedono di poter “tornare a casa”: il concorso in oggetto, a loro dire, chiuderebbe definitivamente ogni speranza di un rientro a Lecce.

Il nodo della questione è nella vecchia graduatoria di mobilità – nella quale sono collocati in posizione di idonei non vincitori – da cui l’Asl di Lecce “avrebbe dovuto attingere, facendola scorrere, anziché indire un nuovo concorso”. “Anche la Corte costituzionale aveva stabilito la necessità di espletare la mobilità – precisano i legali -. La scelta dell’Asl Lecce, infatti, determina un aggravio di costi e di tempi e sacrifica ingiustamente le attese e le speranze di moltissimi infermieri che anelano al ritorno nel proprio luogo di origine”.

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