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Martedì, 30 Aprile 2024
Salute

Sanità, la protesta dei dirigenti: “La manovra finanziaria affosserà il sistema”

Anche a Lecce sciopero dei sindacati di riferimento. Molteplici le accuse: fondi insufficienti, pensioni decurtate, difficoltà per nuove assunzioni, mancata restrizione dell’area penale

LECCE - Al grido di “equità, dignità, sanità”, anche a Lecce, come nel resto d’Italia, si è svolto questa mattina un sit-in di protesta che ha coinvolto dirigenza medica, veterinaria e sanitaria. Lo sciopero è stato promosso dalle organizzazioni sindacali Aaroi-Emac, Fassid, Fvm e Cisl Medici. Un nutrito numero di dirigenti del Servizio sanitario nazionale (medici di molteplici specialità, veterinari, psicologi, farmacisti e biologi), si è riunito davanti alla Prefettura per manifestare dissenso verso una manovra finanziaria che, a loro giudizio, potrebbe affossare definitivamente la sanità italiana.

In una nota congiunta a firma di Fabrizio Picoco e Salvatore Rao, segretari provinciali per Brindisi e Lecce di Aaroi-Emac, Antonio Saponaro e Roberto Scarpello per l’area Snr, Ferruccio Pascali per l’area Aupi, Livia Romano per l’area Sinafo di Fassid, Antonio Vergari e Raffaele Gaudio di Fvm e Fernando Monteforte per Cisl Medici, si denuncia il fatto che legge di bilancio del Governo non troverebbe rimedi alle annose problematiche che affliggono il Sistema sanitario nazionale, con il risultato drammatico di una riduzione della capacità di erogare cure.

Secondo i sanitari, il definanziamento, mascherato e nascosto da slogan che non trovano riscontro nella fredda matematica finanziaria, sarebbe evidente: i fondi stanziati sono ritenuti del tutto insufficienti considerando che dovrebbero “bastare” per finanziare il contratto della dirigenza medica e sanitaria ospedaliera e del territorio, della medicina generale, degli specialisti ambulatoriali e dell’intero comparto.

“Il risultato avvilente è che, paragonati ai colleghi europei, i professionisti sanitari a tutti i livelli ne escono bistrattati al limite dell’offesa”, scrivono i segretari provinciali. “E tutto questo mentre non si riesce ad applicare un contratto la cui pre-intesa è stata firmata mesi orsono, ritardando l’erogazione degli aumenti stipendiali e l’applicazione di tutti i nuovi istituti normativi previsti”.

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Secondo i sindacati, altre vittime di questa manovra sarebbero coloro che si apprestano ad andare in pensione, visti come “puniti” dallo Stato, con la decurtazione di parte dell’assegno pensionistico. E con prospettive per i più giovani ancora meno rosee. “L’idea di lavorare in sanità fino a 72 anni è a dir poco abominevole”, accusano i manifestanti.

Ancora: il Tfs/Tfr resterebbe “in ostaggio” delle casse dello stato per oltre quindici mesi prima di essere erogato a chi spetta di diritto. “Un’altra forma di ringraziamento dello Stato verso i suoi dipendenti”, commentano sarcastici i sanitari. Con problemi che riguarderebbero le nuove assunzioni di dirigenti. Per i sindacati, le Aziende sanitarie locali si vedrebbero impossibilitate ad assumerne di nuovi. E questo perché “la presenza di un tetto di spesa per le assunzioni è un giogo che non permette un ricambio generazionale e che lascia che gli organici si depauperino”. Il che “apre la strada verso forme di assunzione e tamponamento delle emergenze via via più fantasiose, come il ricorso al reclutamento a gettone tramite cooperative di medici”.

Risultato? “La conseguenza di queste politiche miopi e poco lungimiranti – scrivono ancora le sigle sindacali di riferimento –sta portando alla fuga dei camici bianchi fuori dagli ospedali e verso il privato, creando un circolo vizioso verso l’oblio del Sistema sanitario pubblico”.

E non è tutto. Proteste si levano anche per la mancata depenalizzazione dell’atto sanitario. “Invece di seguire gli orientamenti internazionali che tutelano il lavoro della categoria dando serenità ai professionisti – denunciano i sindacati –, in Italia si va controcorrente e si preparano disegni di legge che non restringono l’area penale, inscrivendo l’atto sanitario nello stesso alveo di responsabilità penale riservata ai tagliagole dei bassifondi. Come risultato, la medicina difensiva costa alle casse dello stato miliardi e miliardi di euro ogni anno”.

I dirigenti del Servizio sanitario nazionale sono in lotta anche per ottenere una tassazione più morbida per il lavoro dipendente, dato che la decurtazione dello stipendio è ritenuto “a livelli sconvolgenti” e ritengono che tutti gli elementi elencati finora, con le conseguenze sul Sistema sanitario nazionale, farà estendere la protesta a tutta la popolazione.

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“A fronte di tutto questo la nostra mobilitazione rappresenta una condanna alle politiche di risparmio perpetrate da diversi anni, e non solo da questo Governo, sulla pelle dei cittadini e sulle tasche dei pubblici dipendenti e dei pensionati”, aggiungono i manifestanti. “La massiccia partecipazione al sit-in di oggi è la dimostrazione che ovunque, sia negli ospedali che sul territorio, sta montando un grande moto di protesta che probabilmente non si esaurirà nel 2023 se il nostro grido d’allarme resterà ancora inascoltato”.

Per Aaroi-Emac, Fassid, Fvm e Cisl Medici alcune scelte governative appaiono molto lontane da quei principi di universalità, uguaglianza ed equità che hanno reso esigibile in Italia il diritto alla salute, fino al quadro odierno, fatto di un Paese con un’offerta assistenziale sempre più ridimensionata e disomogenea. “Non possiamo permettere che l’accesso alle cure sia subordinato alla sottoscrizione di un’assicurazione o proporzionale alla disponibilità della carta di credito esibita in accettazione”, è il grido di protesta. “Per mantenere un Ssn universalistico, accessibile e disponibile per tutti è necessario far sentire la propria voce: non lasciamolo morire”.

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