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Lecce, prove di rifondazione. La scommessa di Bollini, tra presente e futuro

Presentato il nuovo tecnico, già responsabile del settore giovanile della Lazio. La dirigenza prova in corsa un'inversione di rotta rispetto alla linea adottata fino ad oggi. Un'operazione che vuole conciliare obiettivi attuali e programmi a medio termine

LECCE – Che sia una vera rifondazione, non lo si può prevedere oggi. Ma i concetti esposti durante la presentazione di Alberto Bollini, nuovo tecnico del Lecce, terzo stagionale, fanno pensare ad una radicale inversione di rotta in seno alla dirigenza giallorossa.

Puntare su un allenatore di fatto alla prima esperienza con una prima squadra, in un ambiente già provato psicologicamente dopo due finali perse e un campionato, quello in corso, che non ha preso la piega auspicata alla vigilia, è un azzardo assoluto se il mirino è tarato sull’immediato, ma può assumere un altro senso se l’orizzonte si sposta al medio periodo. Bollini ha firmato sino al termine della prossima stagione durante la quale, stando alle parole del direttore sportivo Antonio Tesoro, sarà “sicuramente” l’allenatore del Lecce.

Il numero due del club di Piazza Mazzini ha aperto la conferenza stampa di presentazione dell’ex responsabile tecnico delle giovanili della Lazio con il volto rabbuiato e poche, ponderate parole, dalle quali è parso chiaro che l’esonero di Dino Pagliari è scaturito oltre che dai risultati non proprio incoraggianti, anche dalla bocciatura della fisionomia tattica che la squadra stava assumendo e che la scelta del nuovo allenatore è stata funzionale al tipo di operazione di mercato che lo stesso Tesoro stava effettuando a Milano, nel solco di un ripensamento globale di quella che è stata la linea di condotto fino a questo momento che è stata quella di puntare su un organico di esperienza e con un buon bagaglio tecnico, fondato sulla riconferma quasi in blocco della rosa della scorsa stagione.

Una strategia che non ha dato i frutti sperati e che, ancora ad inizio anno, veniva difesa dal presidente, Savino Tesoro il quale, sicuramente con una parte di ragione, diceva di voler puntare sulla maturità e la malizia perché in un girone come quello in cui è finito il Lecce le giovani speranze sarebbero finite in pasto agli squali.  Ma il campo ha emesso i suoi verdetti, per fortuna al momento solo parziali: e, allora, se da una parte c’è la speranza di correggere la rotta nelle 15 partite che restano fino a centrare i play-off, dall’altra c’è la consapevolezza di promuovere un corso diverso, fondato su una linea più verde e sulla ricerca di un progetto tattico propositivo e moderno.

Bollini: “Tanto lavoro. Obiettivo non distante, ma nemmeno scontato”.

Il nuovo allenatore del Lecce ha fatto ben capire la ricerca del risultato, a beneficio del presente, procederà di pari passo con la costruzione di un progetto, in chiave futura: “Il tempo è poco, ma cercheremo di sfruttarlo al meglio in queste 15 partite. Non mi tiro indietro ma il risultato non viene da un giorno all’altro”. Bollini ha promesso “tanto lavoro, entusiasmo e serenità di cui tutto l’ambiente ha bisogno”.

Orientato al modulo 4-3-3, il tecnico ha detto di non essere un fondamentalista dei moduli. Insieme a lui sono arrivati due stretti collaboratori, la cui posizione è in via di definizione in queste ore, che lo aiuteranno lavoro quotidiano sul campo, ma non solo. Sono stati riconfermati il preparatore atletico, Paolo Redavid e quello dei portieri, Roberto Vergallo, ma l’impressione è che Bollini abbia in testa un’organizzazione ben precisa di tutte le figure che agiscono al di fuori del terreno di gioco, una sorta di impostazione più “aziendale” di quella vista fino ad oggi.

chilla_-2L’allenatore ha raccontato anche come è riuscito a superare le perplessità che Claudio Lotito aveva frapposto tra lui e il Lecce: “Colgo l’occasione per ringraziare il presidente della Lazio, dove ho vissuto una straordinaria esperienza umana e professionale. Io l’ho sempre tenuto aggiornato sulla trattativa, dalla telefonata di sabato notte fino all’incontro di domenica con Antonio Tesoro, poi lunedì ho fatto pressione perché per me è un’occasione importante che non volevo perdere”.

Nel suo Lecce, si capisce, i giovani avranno un occhio di riguardo ma solo da un accurato mix con i “senatori” potrà venir fuori quell’equilibrio necessario a tenere insieme realtà e speranza. Interpellato su Fabrizio Miccoli e Davide Moscardelli, Bollini ha dichiarato: “I curricula non servono al presente, ci vogliono motivazione, efficacia, cuore e altruismo. Moscardelli è un professionista ineccepibile, ha fatto un terzo dei goal della squadra, Miccoli è una bandiera per questi colori”. Il tecnico ha annunciato che da domani inizierà i confronti individuali con ogni singolo calciatore.

Infine un passaggio sulle operazioni di mercato definite proprio mentre si materializzava il suo passaggio in giallorosso: “Alcune indicazioni le ho date, non sempre riesci a centrare tutti gli obiettivi. Ma ho compreso alcune esigenze che il direttore ha posto: abbassare l’età media e intervenire sugli esterni”.

Un cambio di mentalità, per tutti.

Bollini sa perfettamente di essere arrivato in un ambiente stremato dalla sofferenza calcistica nel quale non sarà facile far comprendere il cambio di prospettiva, ma soprattutto di mentalità. Operazione che, dell’ambiente leccese, mette a nudo tutte le storiche contraddizioni: quando la squadra è esperta, si vuole la gioventù e viceversa; quando si vince, si mormora se il gioco non è dei migliori. Non è un caso, del resto, che tutti i progetti annunciati come di lunga durata, nessuno escluso, siano stato interrotti sul nascere oppure in presenza di risultati di un certo tipo: Ventura, Prandelli, Rossi, Zeman, De Canio, Di Francesco.

Se il Lecce non è diventata né l’Udinese, ma nemmeno il Chievo, insomma la colpa non può essere addebitata tutta all’ultima gestione, quella in corso, che ha ereditato un monte ingaggi spaventoso precipitando verso il basso di ben due categorie in un colpo solo, ma più realisticamente di una cultura calcistica che tende a volere tutto e subito e a mugugnare e sparlare come accade spesso negli ambienti provinciali.

Poi ci sono le responsabilità di questi ultimi due anni e mezzo, che sono di ostinazione in alcune scelte tecniche e di mercato, ma anche di organizzazione e in generale di inesperienza. Alcune fatte nel tentativo di dare un colpo al cerchio e uno alla botte: tanto per fare un esempio, agganciarsi a certi nomi ingombranti per far contenta la tifoseria è stato come caricarsi un fardello poi diventato una zavorra per le incompatibilità con gli allenatori che si sono immancabilmente verificate e che hanno compromesso o condizionato il risultato sportivo. Il tempo, per fortuna del Lecce, non è ancora scaduto: 15 partite possono essere un torneo a parte. 

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