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Lunedì, 29 Aprile 2024
Il giorno dopo

Non c’è Lecce senza San Cataldo: le impronte delle fiamme sul volto della città

Alle 7 del mattino il fumo si alza ancora dal terreno arso dalle fiamme. I vigili del fuoco cercano residui focolai, le forze dell'ordine pattugliano le strade. Le fiamme hanno azzannato alcune abitazioni e per far largo ai soccorsi sono entrati in azione i cingolati dell'Esercito Italiano

SAN CATALDO (Lecce) – Piccole nuvolette di fumo si alzano ancora dal terreno. Sono le 7 del mattino e a San Cataldo è iniziata la conta dei danni: i roghi che per ore hanno stretto la marina leccese in un abbraccio fatale sono stati spenti, ma la desolazione di alcuni scorci è evidente nella luminosità del mattino.

Per tutta la notte e la mattinata vigili del fuoco e forze dell’ordine hanno battuto ogni strada tra la darsena e l’intersezione tra la Sp 364 Lecce-San Cataldo e la Sp 133 che porta a Frigole: i primi in cerca di insidiosi, residui focolai, le seconde essenzialmente per scongiurare incursioni illegittime nelle abitazioni che sono state abbandonate in fretta e furia davanti all’incedere delle fiamme.

In pratica più della metà del centro propriamente abitato è rimasta sotto lo scacco degli incendi, alimentati dai venti meridionali ma innescati, con ogni probabilità, da una mano criminale. Le operazioni di bonifica da parte dei vigili del fuoco procedono senza sosta, con l’ausilio dei droni che dall’alto inviano immagini essenziali alla giusta strategia: a dare manforte ai colleghi salentini sono giunti dalle province limitrofe, ma anche da Abruzzo e Lazio. Nei pressi del Bar Royal è stato allestito il posto di comando avanzato dove vengono raccolte le segnalazioni dei cittadini per l’intervento delle squadre.

Uno dei roghi  rilevato dal drone

Esercito Italiano garantisce alle autobotti l’approvvigionamento di acqua. I militari hanno dato da subito un contributo decisivo: i cingolati ieri sono penetrati nella fitta boscaglia e hanno consentito di realizzare nuove vie tagliafuoco e aperto la strada ai mezzi che hanno portato in luoghi più sicuri una cinquantina di civili rimasti come intrappolati, villeggianti e turisti. Alcuni erano in spiaggia, come al Lido Ponticello, altri in casa, come una donna non autosufficiente, soccorsa e accompagnata insieme ai suoi familiari dalla casa di San Cataldo a quella di Lecce.

Ci sono decine di “piccole” storie nella drammatica giornata che ha vissuto ieri San Cataldo: quella di chi ha impugnato il tubo di gomma del giardino come fosse una lancia dei vigili del fuoco per rallentare l’avanzata delle fiamme verso la propria casa, quella di chi ha aiutato gli anziani vicini in preda al panico. Ci vorrebbero giornate intere per raccoglierle tutte.

Le fiamme hanno lasciato impronte inconfondibili in aree di boscaglia e macchia mediterranea, ma hanno anche “azzannato” alcune delle abitazioni che si sono trovate in prima linea trovando carburante anche nei terreni privati abbandonati, talvolta pure recintati e quasi sempre con vegetazione alta, in barba all'obbligo di manutenzione. In via Procida una casa è stata seriamente compromessa (nella foto, sotto), nella vicina via Montecatini per le alte temperature sono esplose alcune bombole, danneggiando gli immobili. Un’auto è stata sostanzialmente distrutta, altre sono state danneggiate. Secondo una prima ricognizione dell'amministrazione comunale sono una trentina le abitazioni che hanno subito danni considerevoli (alcune sono quelle di abituale ed effettiva residenza), oltre ad alcune piccole attività commerciali.

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Le nuove strutture a servizio della darsena, che sta per tornare in funzione dopo anni di estenuante attesa, non hanno riportato danni particolari. Il sindaco Salvemini questa mattina ha fatto un altro sopralluogo e con lui c’era l’assessore Foresio, la cui abitazione di famiglia sorge a poche decine di metri. San Cataldo, in fondo, è davvero la marina di tutti: di chi governa oggi e di chi ha governato prima, di chi ci lavora, di chi ci vive o villeggia nella bella stagione, di chi ci va ogni tanto (è la marina più vicina al capoluogo e dalle 7 a mezzanotte, in questo periodo dell’anno, è collegata al centro città dal trasporto pubblico).

San Cataldo è, soprattutto, la marina che le altre frazioni rivierasche considerano privilegiata, ma per chi ci risiede è la Cenerentola in perenne attesa di un salto di qualità. San Cataldo è anche l’unica marina condivisa con un altro comune, quello di Vernole (il cui territorio ospita buona parte degli stabilimenti balneari, per quella stranissima concezione dei confini comunali che si ha in Italia), eppure è un pezzo importante del racconto complessivo della città, sul quale sono concentrati ambiziosi progetti di rilancio e sviluppo (finanziati con il Contratto istituzionale di sviluppo), sedimentati ritardi, maturati conflitti.

A San Cataldo per documentare le conseguenze degli incendi

San Cataldo è molte cose insieme, ma ancora nessuna del tutto: è romanticismo e appartenenza, è frustrazione e impotenza: sembra avanzare verso il futuro solo per inerzia, eppure non ha smarrito la speranza di una rinascita. Oggi è il giorno della conta dei danni, ma forse anche quello di una presa di coscienza più generale: non c’è Lecce senza San Cataldo.

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