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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Casarano

Estorsione con le buste paga, condannato il legale rappresentante di un istituto di vigilanza

Inflitti 4 anni e mezzo a un 72enne di Casarano accusato di aver costretto i suoi dipendenti a restituire fino a 350 euro al mese, sotto la minaccia di licenziamento

CASARANO - Era accusato di aver minacciato i propri dipendenti per ottenere la restituzione di una parte degli importi messi nero su bianco in busta paga e per questo Claudio Rausa, 72 anni, nelle vesti di legale rappresentante dell'Istituto di Vigilanza Sicursalento srl, a Casarano, dove risiede, ha rimediato una condanna a quattro anni e mezzo di reclusione, più il pagamento di una multa di 1.500 euro. 

La sentenza è stata emessa due giorni fa dalla seconda sezione penale del tribunale di Lecce, presieduta dalla giudice Cinzia Vergine, che ha riconosciuto l’imputato responsabile dei reati di estorsione, tentata e consumata, imponendogli anche un immediato risarcimento del danno (il resto dovrà essere quantificato e liquidato in separata sede), a quattro lavoratori, parti civili con gli avvocati  Massimo Stano, Luigi Schito e Carlo Congedo, per complessivi 13mila euro. 

I fatti, oggetto dell’inchiesta svolta dalla sostituta procuratrice Maria Consolata Moschettini con gli agenti della Questura di Lecce, si sarebbero svolti tra il 2016 e il 2018.

Stando alle indagini, Rausa avrebbe costretto i malcapitati a restituirgli mensilmente le somme (tra i 200 e i 350 euro) eccedenti di 900 euro, rispetto a quelle segnate in busta paga, o ad accettare retribuzioni inferiori, indicando in busta paga, un numero di ore di lavoro inferiore a quello reale. Una guardia giurata, in particolare, avrebbe svolto (dal 6 luglio del 2016 al giugno 2017), mansioni diverse per uno o due giorni a settimana, senza ottenere alcuna retribuzione. 

In ogni caso,sempre secondo il quadro accusatorio, tutti sarebbero stati tenuti sotto scacco perché minacciati che avrebbero perso il lavoro, in caso di proteste o rivendicazioni salariali.

Per la difesa dell’imprenditore, rappresentata dall’avvocato Giovanni Bellisario, ammesso che le condotte siano state illecite sul piano previdenziale e fiscale, queste non possono essere inquadrate nel reato di estorsione, poiché l’imputato sin dal momento del colloquio avrebbe indicato ai futuri dipendenti quale sarebbe stata l’effettiva retribuzione e che l’importo in busta paga sarebbe stato gonfiato solo per necessità, così da essere in regola con il contratto collettivo. 

L’accordo dunque, secondo la tesi difensiva, sarebbe stato antecedente all’assunzione e non fu segnato da alcun genere di intimidazione. Alla luce del verdetto, le argomentazioni non hanno convinto la giudice, ma di certo saranno riproposte in appello, non appena saranno depositate le motivazioni (entro novanta giorni).

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