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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca Martano

Lavori mai ultimati nel poliambulatorio di Martano: in sei rischiano il processo

Chiesto il rinvio a giudizio per i due funzionari Asl e altre quattro persone nell’ambito dell’inchiesta “Unfinished work”, secondo la quale la certificazione con cui si attestava la fine delle opere e il successivo collaudo statico della struttura sarebbero stati fasulli

LECCE - Rischiano il processo sei persone coinvolte nell’inchiesta denominata “Unfinished work”, sui lavori mai ultimati nel poliambulatorio di Martano. Tra questi il responsabile dell’area gestione tecnica della Azienda sanitaria e responsabile unico del procedimento, oggi in pensione, Fiorenzo Pisanello, 66 anni, di Lecce, e Antonio Leo, 56, di Soleto, all’epoca dei fatti in servizio presso la stessa area tecnica e direttore dei lavori di ristrutturazione e dal gennaio 2020 dipendente come funzionario amministrativo presso l’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico “De Bellis” di Castellana Grotte, a Bari.

Ci sono i loro nomi nella richiesta di rinvio a giudizio firmata dal pubblico ministero Alessandro Prontera, il magistrato titolare delle indagini svolte dai finanzieri della compagnia di Otranto, dalle quali sarebbe emerso che i lavori risultavano ultimati nel 2015, ma che di reale ci sarebbero stati solo i soldi erogati da enti pubblici.

Oltre a questi, per i quali, il 7 maggio scorso, furono disposti i domiciliari, su ordinanza di custodia cautelare emessa dalla giudice Simona Panzera, l’atto è stato notificato ad altre quattro persone: Francesco Reddavide, 67 anni, di Adelfia (Bari), socio, amministratore unico e rappresentante legale di “Atitecnica85 srl”, a Brindisi, colpito dal divieto di esercitare attività d’impresa per un anno; il direttore di cantiere, in rappresentanza della società mandante “Electra srl” dell’Ati esecutrice dei lavori Gaetano Natuzzi, 39 anni, di Gioia del Colle (Bari), e gli amministratori dell’Ati Cosimo Partipilo, 49, di Modugno (Bari), e Salvatore Martinelli, 60, di Taranto.

Stralciata la posizione di Pantaleo Chiriacò, 64 anni, di Sternatia, essendo nel frattempo deceduto, accusato di favoreggiamento perché in qualità di professionista esterno coinvolto nel progetto esecutivo dei lavori di ampliamento finanziati tramite Por, avrebbe aiutato i due pubblici funzionari a eludere le indagini.

La richiesta sarà discussa il 15 ottobre davanti al giudice Sergio Tosi nell’udienza preliminare in cui gli imputati saranno assistiti dagli avvocati difensori Roberto Rella, Giuseppe Corleto, Luigi Covella, Rosalba Pendinello, Giancarlo Vaglio.

Le indagini

Le accuse contestate a vario titolo nell’inchiesta “Unfinished work” sono: peculato, abuso d’ufficio, frode nelle pubbliche forniture, falsità materiale e ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.

Questi i reati che sarebbero stati individuati in seguito a un’attività ispettiva condotta nel 2017 dai finanzieri finalizzata all’accertamento di un danno erariale di oltre tre milioni 250mila euro, per la mancata apertura, secondo i tempi previsti da contratto, della nuova struttura destinata ad ospitare più servizi come guardia medica, 118, sert, dialisi.

In particolare per il progetto di ampliamento del complesso immobiliare, la Asl di Lecce era stata ammessa a un finanziamento in conto capitale di 4 milioni di euro, e l’appalto dei lavori venne affidato a “corpo”, quindi con l’impossibilità da parte dell’impresa di modificare il prezzo, il 22 novembre del 2011 all’Ati “Edilmat” srl. Dall’analisi della documentazione, atti come la perizia suppletiva redatta successivamente da Leo e Pisanello, la certificazione con cui si attestava la fine dei lavori datata 28 ottobre 2015, il collaudo statico della nuova struttura del 16 gennaio 2017, sarebbero stati menzogneri.

I militari constatarono come nella struttura, nel piano seminterrato (da destinarsi a risonanza magnetica, farmacia e Sert), parte dei locali fosse ancora allo stato grezzo, gli impianti elettrici non ultimati e privi di intonaco, di pavimenti, di porte interne e la presenza di infiltrazioni d’acqua. Non solo. Durante un sopralluogo dei vigili del fuoco, furono riscontrate anche diverse inadeguatezze alla normativa antincendio (come la mancanza di 56 porte).

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