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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca Minervino di Lecce

Da Napoli al Salento per uccidere la ex fidanzata: confermato l’ergastolo

La Corte d’Assise d’Appello di Lecce ha emesso il verdetto nei riguardi del 39enne di Torre Annunziata che il 1° febbraio del 2021 uccise per le strade di Specchia Gallone, a Minervino di Lecce, Sonia Di Maggio. Non riconosciuto l’isolamento diurno per un anno

MINERVINO DI LECCE - Confermata la condanna all’ergastolo per Salvatore Carfora, il 39enne di Torre Annunziata che il 1° febbraio del 2021 uccise per le strade di Specchia Gallone, a Minervino di Lecce, la ex fidanzata Sonia Di Maggio, 29enne di Rimini, con trentuno coltellate.

L’unica modifica alla sentenza di primo grado apportata oggi dalla Corte d’Assise d’Appello di Lecce, presieduta dal giudice Vincenzo Scardia (a latere, il collega Francesco Cacucci e i giudici popolari) ha riguardato l’annullamento dell’isolamento diurno per un anno.

Secondo le indagini condotte dal pubblico ministero Alberto Santacatterina, l’uomo lasciò Napoli per Minervino, dove si era trasferita la vittima avendo intrapreso una relazione con un giovane del posto; scese dall’autobus per raggiungere la ragazza mentre era per strada col nuovo compagno, e scatenare contro di lei la lama del coltello tenuto fino a quel momento nella cintola dei pantaloni, soprattutto in direzione della gola e del volto. Per il pm non agì per gelosia, ma per punirla.

Nel fascicolo dell’inchiesta finirono numerosi sms di minacce in stile mafioso che Carfora (con precedenti per rapina, lesione personale aggravata, furto con strappo) avrebbe indirizzato alla coppia: “Due morti che camminano”, “e meglio che rinuc a Sonia si no ti fac fa na brutta fin decid bene”; “nn sai contro chi ti sei messo".

Per questo, oltre al reato di omicidio, c'era anche quello di stalking.

A nulla valsero le dichiarazioni dell’imputato che, nel processo di primo grado terminato lo scorso febbraio, cercò di dimostrare che il delitto non fu pianificato. Secondo la sua versione, quando si avvicinò alla malcapitata, per strada, le chiese di tornare a Napoli e la sua risposta “è troppo tardi” gli avrebbe fatto perdere i lumi della ragione; così, si accanì su di lei, con un coltellino che, a suo dire, portava con se per legittima difesa oppure da utilizzare in caso di necessità ordinarie, per esempio come utensile per tagliare il pane, non avendo un luogo in cui essere ospitato.

Questo racconto fu smentito dal convivente della ragazza, secondo il quale l’aggressione avvenne di spalle e fu fulminea, senza che fosse preceduta da alcun dialogo.

La Corte d’Assise d’Appello ha confermato anche il risarcimento del danno, in separata sede, alle parti civili: ai familiari della vittima (con l’avvocato Vincenzo Blandolino) e all’associazione Gens Nova odv presieduta dall’avvocato Antonio La Scala (rappresentata dal collega Gennaro Gedaleta) che ha come oggetto sociale la tutela dei minori e delle persone delle cosiddette fasce deboli.

Non appena saranno depositate le motivazioni della sentenza, la difesa, rappresentata dall’avvocato Cristiano Solinas, valuterà il ricorso in Cassazione.

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