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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Taviano

Vessazioni a ospiti e dipendenti di una comunità psichiatrica: tre assoluzioni

Si chiude il processo ai responsabili e a un dipendente di una struttura a Taviano, finiti al banco degli imputati per episodi avvenuti tra il 2013 e il 2017. Per i giudici: “Il fatto non sussiste”

TAVIANO - Non vi furono soprusi nei confronti degli ospiti e dei dipendenti di una comunità psichiatrica di Taviano,  Casa per la vita "Le vele", o, quanto meno, non sono emerse prove per affermare il contrario. A stabilirlo è stato ieri il collegio della prima sezione del tribunale di Lecce, composto dal presidente Roberto Tanisi e dalle colleghe Elena Coppola e Giovanna Piazzalunga, all’esito del processo che vedeva al banco degli imputati Martino Dario Federico, 74 anni, di Lecce, nelle vesti di direttore della struttura, e Rosaria Villani, 65, di Lecce, ritenuta l’amministratrice di fatto, e di un dipendente Roberto Scigliuzzo, 34, di Gallipoli.  

Le accuse più gravi di stalking, maltrattamenti, estorsione erano contestate solo ai primi due, tant’è che per Federico, la Procura aveva invocato la condanna a sei anni e quattro mesi di reclusione e, per la seconda, sei anni tondi. Per Scigliuzzo, invece, che rispondeva in concorso al direttore della detenzione di farmaci scaduti, la richiesta era di un anno e quattro mesi.

All’esito del dibattimento, però, i tre imputati assistiti dagli avvocati Francesco Vergine, Giuseppe Corleto e Francesco Zacà, sono riusciti a ottenere un verdetto di assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”. 

Stando alle indagini, avviate in seguito ad alcune denunce, i fatti si sarebbero svolti tra il 2013 e il 2017. In particolare, Federico e Villani avrebbero tormentato un’operatrice socio sanitaria, con frasi denigratorie, le avrebbero assegnato compiti non consoni al suo ruolo, costringendola anche a  turni massacranti. Non finisce qui. I due avrebbero preteso sia da quest’ultima che da altri operatori, la restituzione in contanti di alcune somme di denaro versate ogni mese in busta paga (mediamente dai 100 ai 300 euro), sotto la minaccia di licenziamento.

Le condotte non sarebbero state migliori con gli ospiti, ai quali sarebbe stato offerto un regime alimentare inconsistente, con la negazione del consumo di carne e la proposta degli stessi generi alimentari ogni mattina a colazione (un litro di latte diluito nell’acqua da dividere tra 18 e 20 persone, tre biscotti ciascuno, pane del giorno precedente mischiato con latte e acqua). Inoltre, i due responsabili avrebbero aggiunto un posto letto superando la capienza massima della struttura (sedici posti), trascurando di tenere sotto stretta osservazione un paziente che si era procurato lesioni.

Due delle presunte vittime erano parte civile al processo con l’avvocato Francesco Fasano.

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