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Cronaca

Sovraffollamento, carenza di personale, epatite C: i radicali in carcere

Consueta visita degli esponenti del movimento nella casa circondariale leccese. La vivibilità migliora con la sorveglianza dinamica, ma i nodi restano

LECCE – Due esponenti del Movimento dei radicali italiani, hanno visitato il penitenziario di Borgo San Nicola. Si è trattato di una delle ispezioni periodiche che da decenni vengono fatte nelle carceri italiane per verificare le condizioni del sistema di detenzione.

Tra le tante, si ricorda quella del novembre del 2012 quando fu Marco Pannella a varcare la soglia della casa circondariale, insieme a Sergio D’Elia di “Nessuno tocchi Caino” e ad Adriana Poli Bortone. A presentarsi al cancello della casa circondariale leccese questa volta Enzo Emilio Quintieri e Valentina Anna Moretti che hanno incontrato in primis la direttrice, Rita Russo e il comandante Riccardo Secci.

Al termine della verifica i punti deboli emersi sono quelli di sempre: sovraffollamento e carenza di personale di polizia penitenziaria, degrado strutturale di alcune sezioni (in alcune le docce sono ancora in comune), mancanza di arredi e attrezzature per gli spazi di socialità. Ci sono però anche delle valutazioni più rassicuranti: "Tutti i locali e gli spazi visitati - hanno commentato gli esponenti radicali - si presentavano in buono stato di conservazione e di pulizia e, per quanto riguarda i locali destinati alle attività trattamentali, anche sufficientemente attrezzati. Per cui, gli standard di vivibilità appaiono abbastanza soddisfacenti per i recenti lavori di ristrutturazione e per l’applicazione del modello operativo della sorveglianza dinamica che ha sostituito la tradizionale “custodia chiusa” nella quasi totalità dell’Istituto (esclusa al momento solo l’alta sicurezza maschile)".

I numeri della detenzione

Sono 916 le persone attualmente detenute, di cui 79 donne e 169 di origine straniera: incide molto la quota di coloro (169) che sono detenuti in regime cautelare, cioè in attesa di giudizio. I reclusi in regime di alta sicurezza sono 167, in media sicurezza 721, sette godono della semilibertà e solo 18 lavorano all’esterno della struttura. Gli ergastolani sono 17, i collaboratori di giustizia tre. Il numero di detenuti che hanno l’epatite C, ben 370: un dato molto alto, che conferma l’allarme sollevato dalle organizzazioni sanitarie già da diverso tempo e che si spiega con l’utilizzo di sostanze stupefacenti, la precarietà delle condizioni igieniche, la promiscuità sessuale.

Sempre aperta la questione del sovraffollamento, che a Lecce si attesta attorno al 10 per cento. Al cospetto di una capienza regolamentare di 617 posti capienza regolamentare, si registra un’ulteriore contrazione della disponibilità a causa della ristrutturazione di alcune sezioni. Sulla questione i numeri sono divergenti: per gli esponenti radicali si tratta di circa 80, per l’amministrazione penitenziaria di 32.

In questo contesto si determinano episodi piuttosto delicati, se non tragici: nel 2016 sono stati 168 gli atti di autolesionismo, 171 gli scioperi della fame, 31 i tentati suicidi e uno quello purtroppo riuscito, 149 i reati contro pubblici ufficiali e 61 le aggressioni.  Nei primi due mesi del 2017 si contano già 10 atti di autolesionismo, 16 scioperi della fame, 4 tentati suicidi, 13 reati contro pubblici ufficiali e 4 aggressioni.

Quanto al corpo di polizia penitenziaria, la delegazione dei Radicali Italiani, ha riscontrato che a fronte di una pianta organica di 719 unità (4 commissari, 55 ispettori, 82 sovrintendenti e 578 agenti/assistenti) il personale risulta essere di 601 unità (4 commissari, 38 ispettori, 29 sovrintendenti e 530 agenti/assistenti), 78 delle quali addette al nucleo Traduzioni e Piantonamenti (nel 2016 circa 5 mila le traduzioni effettuate). C’è da segnalare che l’età anagrafica e di servizio del personale di polizia penitenziaria è molto elevata.

Grande preoccupazione c’è in vista dell’apertura del reparto di Osservazione Psichiatrica, prevista per il prossimo 26 aprile, perché – sostengono i radicali ma anche i sindacati, che sul punto si sono espressi più volte - comporterà un sovraccarico di lavoro per il personale del corpo di polizia penitenziaria, “certamente non più umanamente sostenibile, con gravi ripercussioni anche per la gestione ed il trattamento della popolazione detenuta, poiché è noto che la carenza di personale di  penitenziaria rende difficilmente attuabili tutte le numerose attività trattamentali previste e programmate”.

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