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Inchiesta Sanità in Puglia, arrestato l'ex senatore Alberto Tedesco

Decade l'immunità parlamentare e per l'ex assessore della giunta Vendola scattano i domiciliari: tra le accuse, associazione a delinquere, concussione, corruzione, falso e turbativa d'asta. A giorni interrogatorio di garanzia

BARI - Sono scattati stamattina gli arresti domiciliari per l'ex assessore regionale alla sanità della giunta Vendola, Alberto Tedesco, ed ex senatore del Pd poi approdato al gruppo Misto. È, infatti, scaduto, il mandato parlamentare con l'insediamento dei nuovi eletti delle due Camere. Per Tedesco, l'accusa è di associazione a delinquere, concussione, corruzione, falso e turbativa d’asta. Due le misure cautelari eseguite dai carabinieri a carico dell’ex assessore.

Erano state due, nell'ambito dell'inchiesta sulla gestione della sanità pubblica pugliese, le richieste di autorizzazione a procedere all'arresto, presentate dalla Procura di Bari al Senato: il 23 febbraio 2011, istanza rigettata, e il 20 luglio dello stesso anno, prima che il tribunale del Riesame nell'agosto, aggiungesse ai capi di accusa anche il reato di associazione a delinquere. Nel febbraio 2012, poi il secondo diniego all’arresto.

L’esecuzione delle due ordinanze è rimasta sospesa fino ad oggi, quando è scaduto il mandato parlamentare di Tedesco: per i fatti che gli vengono contestati nel provvedimento cautelare è già stato rinviato a giudizio il 4 febbraio scorso, insieme ad altre 18 persone, tra cui l’ex direttore generale della Asl di Bari, Lea Cosentino, andate a processo.

Nella sostanza, Tedesco è accusato di essere stato a capo di un sodalizio criminale che avrebbe gestito tra il 2005 e il 2009 nomine e appalti nella sanità pugliese, in un'inchiesta coordinata fino a qualche mese fa dai pm Desireè Digeronimo e Francesco Bretone (i quali a dicembre si sono astenuti dal trattare i fascicoli inerenti alla sanità pugliese, all'indomani del proscioglimento del presidente Vendola in uno dei procedimenti), e confermata in fase cautelare dal Tribunale del riesame e poi dalla Cassazione. Al centro dell'indagine una conversazione registrata nell’ufficio dell’ex assessore, il 21 novembre 2008, con un uomo dall’accento leccese (mai identificato), che, secondo l'accusa, definiva lo "statuto dell’associazione per delinquere".

Cinque gli appalti milionari contestati, banditi dalle Asl di Bari e Lecce. Per Tedesco, le aule del tribunale si apriranno il 6 maggio prossimo, mentre l'interrogatorio di garanzia si terrà entro dieci giorni dinanzi al gip di Bari. Le posizioni di altri 14 imputati, che hanno chiesto il rito abbreviato, saranno discusse il 10 e il 24 aprile.

"Alberto Tedesco che già non era amministratore essendosi dimesso da assessore, oggi non è più nemmeno senatore e, dunque, il pericolo di reiterazione, inesistente sin dall'origine per una serie di ragioni, che spiegheremo nel corso del giudizio, ora è sicuramente venuto meno per le medesime ragioni indicate dagli stessi giudici: è venuta dunque meno ogni ragione che possa allo stato giustificare il perdurare della custodia cautelare". Lo ha detto il difensore di Tedesco, l'avvocato Rosita Petrelli, a poche ore dalla notifica delle due ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari per l'ex senatore.

Petrelli ha anche annunciato che chiederà la revoca degli arresti. "Come è noto - prosegue il legale - sia il gip sia il Tribunale del Riesame, all'atto dell'adozione della misura cautelare degli arresti domiciliari, avevano motivato sulla necessità di evitare la reiterazione di reati. Infatti, secondo i giudici, Tedesco avrebbe potuto commettere reati contro la pubblica amministrazione, pur non rivestendo più la sua carica di assessore alla sanità, dalla quale pure si era volontariamente dimesso".

"La sua successiva elezione a senatore della Repubblica, secondo i giudici della misura - prosegue il legale - non aveva scongiurato il periculum di reiterazione. Pur non condividendo tale assunto, laddove è di tutta evidenza che il parlamentare è chiamato a legiferare e non anche ad amministrare, abbiamo inteso rispettare la volontà dei giudici, quella che si è espressa attraverso il giudicato cautelare".

"Ma ora - aggiunge il difensore - le cose sono radicalmente cambiate. Devo dire che mi sarei aspettata che i pubblici ministeri, in piena coerenza con il loro ruolo, avessero richiesto essi stessi la revoca della misura cautelare sin dal momento in cui fu reso noto che il mio assistito, pur potendo, non intendeva ricandidarsi. Non lo hanno fatto, rispetto la loro scelta". "Sarò io - conclude Petrelli - a chiedere la revoca della misura non appena saremo di fronte al giudice, dinanzi al quale ribadiremo le ragioni della difesa".

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