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Unioni tra piccoli comuni, i sindaci chiedono tempo. Il prefetto: "Attuare la legge"

Incontro in prefettura con gli amministratori dei 40 municipi che devono associarsi entro il prossimo anno in enti autonomi con almeno diecimila abitanti. Animato il dibattito: si teme una soluzione pasticciata che ignora la complessità della questione

LECCE – I piccoli comuni chiedono tempo. L’obbligo di legge di avviarsi verso la condivisione delle funzioni fondamentali è stato oggetto di un incontro convocato a Lecce dal prefetto Giuliana Perrotta.  Vi hanno partecipato quasi tutti i sindaci dei 40 comuni salentini con meno di 5mila abitanti, cioè quelli interessati dall’articolo 19 del decreto legge del luglio 2012 – Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini - che devono dar vita a 14 nuovi enti autonomi con almeno 10mila abitanti.

I settori che le municipalità dovranno gestire in maniera associata sono: l’organizzazione generale dell’amministrazione e la gestione finanziaria e controllo; l’organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale, compresi i trasporti; il catasto; la pianificazione urbanistica ed edilizia; protezione civile e coordinamento primo soccorso; raccolta e gestione dei rifiuti; servizi sociali; edilizia scolastica per quanto non di competenza delle Province.

Il capo di gabinetto, Guido Aprea, ha chiarito che le forme associative previste sono quelle dell’unione e della convenzione. E che, in questa seconda ipotesi, si deve procedere ad una verifica triennale dell’efficienza dei servizi, che si misura sulla base di un risparmio di almeno il 5 per cento della spese corrente rispetto all’ultimo esercizio, e l’efficacia degli stessi, cioè un migliore livello rispetto alla gestione finanziaria precedente alla gestione associata per almeno tre dei seguenti settori: rifiuti, edilizia scolastica, polizia locale, entrate tributarie, prestazioni sociali. Il mancato soddisfacimento dei parametri obbliga i comuni interessati ad adottare l’unione.

Il termine per l’attuazione della legge è scaduto ed è per questo che la prefettura, come atto dovuto, ha proceduto alla diffida delle amministrazioni inadempienti, ma in Parlamento è in dirittura d’arrivo un emendamento al decreto Mille proroghe che concede un altro anno di tempo.

Il prefetto ha in un certo senso tranquillizzato i sindaci, dicendo loro che il confronto nasce dall’esigenza di discutere delle criticità per poi portarle all’attenzione del ministero dell’Interno, ma ha fatto capire che la strada da seguire è solo quella indicata dal legislatore. E del resto tutti i comuni in questione, meno Caprarica di Lecce e San Pietro in Lama, fanno già parte di unioni. Tre di queste - Terre di mezzo, Entroterra idruntino e Costa orientale - in quanto formate da comuni con meno di 5mila abitanti già potrebbero ottemperare alle disposizioni di legge.

Ma le perplessità degli amministratori sono numerose. Opinione diffusa è che se il principio della razionalizzazione amministrativa è condivisibile, non lo è altrettanto il metodo che prescinde dalla considerazione della situazione attuale, nella quale le amministrazioni si dimenano tra difficoltà e carenze di organico. Bisogna poi tener presente che tutti i municipi condividono funzioni secondo uno schema sovracomunale, si pensi ai servizi sociali o alla raccolta dei rifiuti che sono affidati ad ambiti che non coincidono l’uno con l’altro.

Il primo cittadino di Melpignano, Ivan Stomeo, ha concluso il suo intervento dicendo: “La legge Delrio è stata fatta su misura per quelle regioni in cui le unioni esistono da tempo, come la Toscana e l’Emilia Romagna”. Stomeo, che è anche presidente dell’Unione del comuni della Grecìa Salentina - si incontrerà proprio la settimana prossima con il presidente e il direttore generale dell’Unione dei comuni della bassa Romagna, nata nel 2008 dall’esistente associazione di 9 centri del Ravennate, con una popolazione complessiva di oltre 100mila abitanti che rappresenta uno degli esempi più compiuti in Italia di unione intercomunale.

Il sindaco di Giuggianello, Giuseppe Pesino, si è detto “indignato per il concetto dato in pasto all’opinione pubblica per il quale gli sprechi sono concentrati nei piccoli comuni” e ha rivendicato un’organizzazione dal basso dell’associazionismo, richiesta alla quale si è unito il primo cittadino di Arnesano, Giovanni Madaro. Per Silvano Macculi, di Botrugno, si deve approfittare dell’anno di proroga per rendere più efficienti i servizi che già sono in comune, facendo ad esempio coincidere gli Aro (ambiti di raccolta ottimale) con le unioni già esistenti. 

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