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Pd, ultimo avviso: “Congresso truccato dal gioco delle tessere”

Antonio Maniglio e Antonio Rotundo, da ex segretari provinciali, lanciano l'appello ai candidati in corsa per il congresso dell'8 novembre: "Fermatevi prima che restino solo le macerie". Martedì la decisione della commissione nazionale

LECCE – Uscire dal campo prima che l’arbitro sventoli il cartellino. Rosso, guarda caso. La metafora di Antonio Rotundo è senza dubbio efficace ed è rivolta ai quattro candidati alla corsa alla segreteria provinciale del Partito democratico, carica che lui ha ricoperto tra il 1990 e il 1994 quando c’era il Partito dei democratici di sinistra. Il consigliere regionale Antonio Maniglio, anch’egli segretario, ma con i Ds, dal 1994 al 2000, non ha esitato a parlare di congresso truccato dalla lievitazione patologica del numero delle tessere sottoscritte in alcuni comuni.

Quella di registrare iscrizioni fino al giorno stesso del congresso di circolo, del resto, è una possibilità concessa dallo stesso regolamento del partito ed ha causato situazioni paradossali come un malore, a Gallipoli, per l’eccessiva ressa, oppure come a Nardò dove gli interventi nel dibattito sarebbero stati una manciata a fronte di centinaia di partecipanti.

I primi venti congressi, un terzo circa del totale, vedono Salvatore Piconese e Vincenzo Toma impegnati in un testa a testa, mentre più indietro si trovano Alfonso Rampino ed Edoardo Santoro. Quest’ultimo, lo si è appreso oggi, dovrebbe tenere nella mattinata di domani, insieme agli esponenti dell’area Renzi, una conferenza stampa per chiedere l’annullamento delle consultazioni. La tensione, nel Pd, è alta da settimane e, nello scorso fine settimana, è  giunto da Roma Roberto Morassut, inviato dalla commissione nazionale per i congressi, presieduta da Davide Zoggia.

Una parola definitiva sulla regolarità del tesseramento e di conseguenza sulla credibilità del congresso provinciale è attesa per domani. La maggioranza dei componenti della commissione provinciale, coordinata da Sandra Giammarruto, è favorevole alla sospensione, ma le pressioni provenienti da più direzioni sono contrastanti. E sulla richiesta di congelamento pesa il forte sospetto, da parte di Piconese, che sia motivata dalla consapevolezza degli altri candidati di una sua vittoria.

Rotundo e Maniglio hanno ripercorso l’excursus elettorale del partito negli ultimi anni, con il dimezzamento del numero dei voti e il crollo percentuale dal 33 al 19 per cento nella provincia nelle ultime elezioni politiche, ma hanno anche sottolineato la fragilità organizzativa – con 35 comuni senza circolo del Pd – e le anomalie emerse in molti centri dove gli iscritti del 2013 rappresentano anche il 30 per cento del corpo elettorale. Un dato, secondo loro, difficilmente giustificabile.  Tutti elementi che dovrebbero portare al blocco della competizione, così come per esempio avvenuto a Catania nei giorni scorsi.

Il clima in casa democratica, insomma, è sempre più avvelenato, sebbene i due ex segretari abbiano dichiarato di fare affidamento sugli anticorpi interni al Pd. L’appello, a tutti i dirigenti, è di fermarsi prima che restino le macerie morali ed elettorali di una guerra che ritengono senza esclusione di colpi per tornare a parlare di contenuti, di smetterla con una lotta muscolare che “infanga una storia che va oltre noi”. Ma se da Roma dovesse arrivare il via libera al congresso? “Allora significherebbe – ha risposto Rotundo che è anche un sostenitore di Renzi - che si renderanno conto con i risultati delle primarie per la segreteria nazionale di come cambieranno le cose”. E Maniglio ha aggiunto di essere pronto ad una rendicontazione documentale di tutte le "stranezze" di questa complicata e torbida fase congressuale.

Società civile contro apparato, voto libero contro clientele, questo, in altre parole, il messaggio. La partita salentina è così dunque anche un pezzo di campagna elettorale per il voto dell’8 dicembre.

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