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Licenziamenti nella mensa dell’ospedale “Galateo”. “Altro che un polo d’eccellenza”

I 16 dipendenti Rr Puglia sono ancora in presidio, intenzionati a subentrare nel cambio d'appalto. E lamentano i soldi spesi per il reparto di cardiologia chiuso, mentre la riabilitazione è viene dirottata nelle cliniche private

SAN CESARIO DI LECCE – Non abbandoneranno il presidio, i 16 addetti al servizio mensa che hanno trascorso la prima notte in protesta all’interno dell’ospedale “Galateo” di San Cesario di Lecce. Questa mattina erano ancora tutti lì, irriducibili nella loro volontà di portare l’azienda Rr Puglia – dimissionaria sull’impianto a causa di costi proibitivi – a ritirare i licenziamenti collettivi già recapitati sotto forma di lettera.

Oggi dovrebbe essere l’ultimo giorno lavorativo, almeno nelle intenzioni della società che non si è lasciata intimorire dalla minaccia di una denuncia penale per “interruzione di pubblico servizio”. Rr Puglia, rimarcano i dipendenti, è obbligata a proseguire con le attività di ristorazione fino all’aggiudicazione, definitiva, della nuova gara. Quando un unico committente arriverà a servire i nosocomi della provincia, uniformando finalmente il servizio. Fatto salvo l’obbligo di assorbire l’intera forza lavoro che ammonta a 240 unità. E nonostante i termini del bando di gara che hanno fatto storcere il naso per il ribasso dell’asta: il prezzo del pasto quotidiano, complici i tagli della legge spending review, cala dagli odierni 16 euro ai futuri 12 euro e 30 centesimi.

E qui sta il nodo della questione: accettare il licenziamento e consentire che, in questo lasso di tempo, il pasto per i degenti a letto venga veicolato dal presidio ospedaliero più vicino, ha un prezzo troppo alto.

Per i dipendenti significa trovarsi tagliati fuori dal circuito produttivo, senza poter far rivalere i diritti maturati in 20 anni di onorato lavoro. Perdendo anche l’aggancio con la nuova società. “La Asl di Lecce ora deve procedere con l’affidamento temporaneo del servizio ad un’altra ditta (uno dei nomi già noti nel settore ristorazione, ndr)”, puntualizza Vito Perrone, numero uno di Cisal, che non vuole nemmeno sentir parlare delle operazioni di trasporto dei pasti.

La prevista chiusura del punto cottura nel “Galateo” è rimandata all’espletamento della nuova gara. Ma anche in quel caso, avvisa Perrone, non ci si potrà permettere il lusso di intaccare i livelli occupazionali. Il personale di San Cesario mira, ovviamente, al trasferimento nella cucina del nosocomio più vicino.

E coglie la palla al balzo degli stipendi che, questo mese viaggiano in ritardo, per ribadire il proprio ostracismo all’azienda.“Chiederemo la rescissione dell’appalto da parte della società perché inadempiente rispetto agli obblighi contrattuali”, aggiunge il sindacalista che oggi pomeriggio sarà convocato dai manager dell’azienda sanitaria locale.

Ma il disagio manifestato dai lavoratori è trasversale agli altri nodi della sanità pugliese che, proprio a San Cesario, stanno venendo al pettine. In forma paradossale. Il “Galateo”, sul quale non campeggia nemmeno più l’insegna ospedaliera, doveva essere graziato dal piano di riordino ospedaliero. Diventando ben altro.

Cioè un polo d'eccellenza per la riabilitazione, con un aumento dei posti letto sino alle 100 unità. Al contrario, con la chiusura del reparto di cardiologia i degenti ricoverati sono poco più di 40, secondo la versione dell’azienda che non coincide con quella dei dipendenti: “Arriviamo anche a 70 pasti quotidiani”.

Il reparto, “costato 1 milione e 200 mila euro”, sostiene Perrone, occuperebbe una sola ala delle due destinate. Attrezzato di tutto punto, con macchinari e personale medico e paramedico, secondo la testimonianza dei lavoratori, “funziona a mala pena”. Come mai? “Dicono che ci sia una carenza di personale, ma senza scomodare il blocco del turn over, il direttore della Asl poteva operare dei trasferimenti dagli altri ospedali dismessi, come quello di Campi Salentina”.

Buone intenzioni e soldi pubblici a vagonate non sono bastati: i pazienti che necessitano di riabilitazione vengono dirottati verso le due cliniche private convenzionate, “Casa di cura Petrucciani” e “Città di Lecce Hospital”. Un’operazione che, secondo gli addetti ai lavori, costerebbe persino di più. 

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