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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Il figlio notato nello sbarco, la madre non lo vede da 8 anni: pronti a ritrovarsi

Un 23enne del Camerun, da dicembre in un centro per richiedenti asilo, è stato riconosciuto da un connazionale che ha informato la donna, residente a Bergamo

LECCE – La vita di Papi fino al 25 febbraio del 2008 si può solo immaginare. Doveva essere quella normale di un ragazzo nato in una nazione, il Camerun, dalle condizioni economiche leggermente migliori, rispetto ad altre realtà africane, nonostante vaste ed endemiche sacche di povertà e la lotta al terrorismo, che nel suo Paese ha il volto di Boko Haram. Poi, è accaduto qualcosa. Quel giorno di nove anni or sono, suo padre è stato assassinato.

Vi sono ragioni particolari di sicurezza per cui in Questura s’è deciso di omettere molti dettagli riguardanti la famiglia di Papi, 23enne, che, fuggendo dal Camerun cercava una nuova vita e che in Italia ha ritrovato la speranza e qualcosa di più: il ricongiungimento con la madre. Avverrà a breve. Questione di ore. “Un regalo”, ha spiegato, “che mi ha reso folle di gioia”. Un regalo tanto più bello, proprio perché del tutto inatteso.

Anche il nome, Papi (pronunciato Papì, alla francese, la sua lingua) non è quello reale. E’ il nomignolo affettuoso con cui lo chiamava il nonno da bambino. E la sua storia, maggiore di tre fratelli, ha quasi dell’incredibile: non aveva alcuna cognizione di dove fosse finita la madre, costretta evidentemente a una fuga segreta e repentina, ma per anni è stata il suo ultimo pensiero prima di andare a dormire e il primo al risveglio. Ma quando è toccato a lui assumere la decisione di lasciare il Camerun, il destino l’ha portato dritto in Italia. Qui ha fatto richiesta di protezione internazionale e vi sono ottime prospettive che venga accolta.

La madre, 46enne, in Italia da più tempo, è già in possesso di asilo politico. Vive in provincia di Bergamo. Non vedeva il figlio da otto anni. L’ha lasciato 15enne e lo ritroverà ormai quasi un uomo.

Una felice coincidenza ha spianato la strada verso la loro riunificazione. Tutto è nato quando un connazionale della donna le ha comunicato di aver avuto la netta sensazione che fosse proprio Papi uno dei giovani arrivati in Italia, durante uno dei tanti, drammatici sbarchi a Lampedusa.

Non c’è stato un minuto da perdere. La donna doveva per forza verificare se la notizia fosse vera. S’è rivolta alla polizia, che ha diramato le ricerche in tutta Italia. E alla fine, è toccato alla Divisione immigrazione della Questura di Lecce, diretta dal primo dirigente Rocco Carrozzo, fare l’annuncio che la donna covava in un cuore colmo di attesa. Un’attesa che deve essere stata logorante. “Lo abbiamo rintracciato, si trova presso una struttura della Caritas di Lecce”. La gioia ha sopraffatto tutti. E qualche lacrima ha solcato anche i visi dei poliziotti che hanno concorso a risolvere questo caso.

Scovarlo, in realtà, non è stato semplice, anche perché le generalità con cui è stato censito Papi, all’arrivo in Italia, presentavano una leggera discrasia rispetto alle indicazioni fornite dalla madre. Quasi identiche, con qualche piccola differenza. S’è comunque fatto un tentativo, ritenendo che non fosse una coincidenza, e ieri mattina il 23enne è stato convocato in Questura. Sottoposto a una serie di domande mirate per capire se potesse essere realmente il figlio della donna, forse persino più delle risposte, assolutamente convincenti, rivelatore è stato il pianto sincero e liberatorio del ragazzo. Stentava a credere che potesse essere vero.

Ora, Questure e Prefetture di Lecce e Bergamo sono al lavoro per collocare Papi in una struttura della provincia lombarda. Mentre, per quanto riguarda l’iter burocratico, l’istanza per ottenere la protezione internazionale andrà avanti, sebbene il giovane abbia eventualmente anche l’opportunità di chiedere un permesso di soggiorno per motivi famigliari.

IL VIAGGIO VERSO L'ITALIA

DSCN6028-3I ricordi del distacco dalla madre sono nebulosi. “Avevo 14 anni – racconta il ragazzo, seguito da un’interprete -, non ricordo nulla di quello che è successo. Ma ricordo quando hanno assassinato mio padre, il 25 febbraio del 2008”. E ora, si sente “folle di gioia” e “ringrazio il Governo italiano” per l’opportunità di avere una nuova vita e ritrovare anche una fetta di una famiglia disgregata.

Per quanto riguarda la sua storia, è ricca di sofferenze e disavventure. “Sono fuggito dal Camerun perché non mi sentivo sicuro”, spiega, con l’idea precisa di raggiungere l’Italia e restarvi, pur senza sapere che qui avrebbe anche ritrovato anche la madre. Tant’è: imbarcatosi, ha raggiunto l’isola di Lampedusa il 21 ottobre scorso. A Lecce, presso la Caritas, dove dice di trovarsi molto bene, vi è giunto il 15 dicembre, seguendo la trafila della macchina dell'accoglienza. Ma il suo viaggio è iniziato molto tempo prima.

“Sono andato via dal Camerun nel 2014 e sono rimasto un anno in Algeria”, ricorda. “Poi, un altro anno in Libia”. E il giorno del viaggio verso l’Italia, non è stato proprio come prendere il traghetto da turista. “Ho subito maltrattamenti disumani e degradanti, sono stato anche picchiato con il calcio di un’arma, buttato sui barconi e mandato via”.

“A un certo punto, durante la navigazione – ha aggiunto Papi -, abbiamo visto una nave che ci veniva incontro”. Inizialmente, “temevamo che fossero la guardia costiera libica, che ci stava ancora seguendo; invece, fortunatamente, la nave è venuta a salvarci”. Di quell’esperienza drammatica, una giornata di navigazione, Papi ricorda anche i morti attorno a sé, “ma non saprei quantificare il numero”. Mentre della madre serbava fino a oggi solo il ricordo impresso nella memoria. Non ha una foto della donna che l’ha messa al mondo. Ma fra poco avrà qualcosa di più: lei, in carne e ossa, da stringere fra le braccia.  

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