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Cronaca

Inchiesta bis case popolari, arriva l'archiviazione per Perrone e Poli Bortone

Accolta l’istanza della Procura nell’ambito dell’inchiesta che vedeva tra gli indagati i due ex primi cittadini di Lecce: vicende troppo datate ed insussistenza di elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio

LECCE - Si è chiuso con un’archiviazione il procedimento “costola” di altre clamorose inchieste, come antiracket, case popolari, il Molo, che vedeva indagati, tra gli altri, l’ex sindaco di Lecce Paolo Perrone e il suo predecessore Adriana Poli Bortone.

La giudice Alessandra Sermarini ha così accolto in pieno la richiesta firmata dai pubblici ministeri Roberta Licci e Massimiliano Carducci.

Tra i reati ipotizzati c’erano: associazione a delinquere, corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, abuso d’ufficio.

Per Perrone, indagato solo per quest’ultimo reato, si è accertata l’insussistenza di elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio, anche all’esito dell’interrogatorio tenuto dallo stesso con i magistrati nell’aprile del 2018.

Nel confronto, l’ex primo cittadino, assistito dagli avvocati Andrea Sambati e Pasquale Corleto, negò con fermezza gli addebiti in merito a due episodi finiti nelle carte dell’inchiesta sugli alloggi popolari assegnati in cambio di voti sfociata nel processo ancora in corso. Inchiesta che, come noto, nel settembre del 2018 portò all’arresto (ai domiciliari), tra gli altri, per associazione a delinquere dedita alla corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, all’abuso d’ufficio, corruzione elettorale e falsi in atto pubblico, di esponenti del suo stesso partito, come gli ex assessori e consiglieri comunali Attilio Monosi e Luca Pasqualini, e di Antonio Torricelli, volto storico del Pd salentino.

Per Perrone, come detto, l’accusa ipotizzata non era quella di aver fatto parte di un’associazione che avrebbe fatto mercimonio della cosa pubblica per scopi privati, come quello di assicurarsi la poltrona nel Palazzo di città, ma l’abuso d’ufficio, in concorso con lo stesso Monosi, col funzionario Pasquale Gorgoni e il dirigente Paolo Rollo.

In particolare, sotto la lente della Procura finì l’assegnazione di due immobili confiscati alla mafia, uno in via De Marco, l’altro in via Pasteur, attraverso due distinte delibere predisposte dallo stesso Perrone rispettivamente il 13 maggio 2013 e il 21 giugno 2013, quando era sindaco. C’era il sospetto che le attribuzioni fossero avvenute, violando la legge regionale n 54/84 in tema di emergenza abitativa e la successiva legge regionale n 10/14.

Ma, le accuse non hanno retto.

Quanto ad Adriana Poli Bortone, invece, secondo la giudice Sermarini, le vicende, sempre inerenti alle case popolari, erano troppo remote e già coperte da prescrizione all’epoca dello svolgimento delle indagini.

Oltre ai due ex sindaci, il decreto di archiviazione ha interessato anche Maurizio Guido, in qualità di dipendente dell’Ufficio Casa; Nicola Massimo Elia, dirigente comunale; Luigi Maniglio, ex dirigente dell’ufficio tecnico.

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