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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca Monteroni di Lecce

Clan Politi, si aggrava la posizione del finanziere ritenuto custode della droga

Nel suo e nel caso di altri, il Riesame ha accolto l'istanza della Dda, che si è appellata contro il rigetto della custodia cautelare. Era stato indagato a piede libero, sebbene contestualmente arrestato in flagranza per 5 chili di cocaina

LECCE – Si aggrava la posizione di Gerardo Civino, 44enne di Monteroni di Lecce (domiciliato nella limitrofa Arnesano), l’appuntato della guardia di finanza risultato fra gli indagati nell’operazione “Filo di Arianna” dei carabinieri del Ros di Lecce, inchiesta incentrata sulla rinascita dell’associazione criminale monteronese, dopo arresti e condanne patite in passato da Saulle Politi, colui che è ritenuto il boss di un gruppo che si porrebbe in linea di continuità con lo storico clan Tornese della Scu.

Civino rientrava fra coloro che, nel corso del blitz dello scorso 15 maggio, erano risultati “solo” indagati a piede libero. Il gip Laura Liguori, infatti, aveva rigettato la misura cautelare nei suoi e nei confronti di altri (salvo, nel caso del finanziere, scattare un arresto in flagranza, perché nel corso delle perquisizioni era stato trovato con quasi 5 chilogrammi di cocaina).

La Dda di Lecce si è appellata contro questa decisione al tribunale del Riesame e ora il quadro è, in parte mutato. Se nel caso di Francesco Politi, 45enne di Monteroni di Lecce, e di Rosy Colelli, anche lei 45enne monteronese, i giudici hanno rigettato la richiesta di applicazione di una misura cautelare, diversamente è andata per altri. Note al momento sono le posizioni di Vito Giancane, 34enne di Monteroni, Giovanni Parlangeli, 41enne di Magliano (frazione di Carmiano) e di Alessandro Ciminna, 38enne di Monteroni (per alcuni capi d’imputazione, giacché era già in carcere su ordinanza), per i quali è stata accolta la richiesta degli inquirenti. Così come, appunto, per il già citato Civino. Anche nel suo caso, istanza accolta e quindi nuova misura in arrivo.

Fra tutte le summenzionate posizioni, volente o nolente quella di Civino è la più interessante, vuoi perché ha suscitato scalpore il fatto che si tratti di un militare della guardia di finanza (operante, per la precisione, a Brindisi), vuoi per la singolare vicenda che l’ha visto protagonista all’alba di quel giorno.

Scampato all’arresto su ordinanza, nel corso della perquisizione in casa effettuata nei confronti di vari indagati (quarantasette in tutto quelli iscritti nel registro, sedici finiti in cella), nel suo caso erano  stati rinvenuti 4,724 chili di cocaina. Gran parte della sostanza era stata nascosta nel seminterrato di casa, lungo l’intercapedine perimetrale sotto l’edificio, in una busta della spesa e divisa in diversi involucri. Pochi altri grammi erano, invece, sparsi in giro. Il che era valso un arresto in flagranza di reato.  

Il finanziere era poi rimasto in silenzio nel corso del successivo interrogatorio di garanzia (qui l'approfondimento). Con il gip Sergio Tosi che, convalidando l’arresto, aveva ritenuto – visto anche l’ingente quantitativo e il nascondiglio accurato – che il suo potesse essere un comportamento tutt’altro che occasionale, tanto da non poter escludere uno stabile inserimento in canali dediti al traffico di sostanze stupefacenti a certi livelli.

Che la circostanza abbia in qualche modo influito davanti al Riesame? Al momento non si sa di preciso. Va comunque considerato che l’accusa formulata dalla Dda, che aveva richiesto l’applicazione della custodia cautelare in carcere nell’ambito dell’inchiesta “Filo d’Arianna”, nei confronti di Civino e altri (e, come detto, rigettata dal gip Liguori), era di associazione per delinquere con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa. Il fine ultimo, lo smercio di stupefacenti.

Al militare era stato contestato, nello specifico, di essersi prestato come custode dello stupefacente in casa propria, usata anche per il taglio e il confezionamento, di essere eventualmente anche disponibile in qualità di corriere (circostanza, questa, però non materialmente riscontrata, ma basata su conversazioni di altri indagati, finite sotto intercettazione), fornendo anche valutazioni sulla qualità della droga, lavorando l’eroina per la successiva vendita, contribuendo alla coltivazione di marijuana e arrivando a rivelare anche notizie di cui era a conoscenza proprio perché finanziere e passate a presunti esponenti di spicco del clan per evitare qualche “sorpresa” (qui tutti i dettagli sulle accuse e le circostanze precise).

Le motivazioni dei giudici del Riesame saranno depositato entro quarantacinque giorni. Fra gli avvocati dei vari indagati per i quali la Dda aveva fatto appello, Cosimo D’Agostino, Valeria Corrado, Cesare Placanica, David Alemanno, Danilo Cito, Augusto Pastorelli e Stefano Pati. 

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