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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca Monteroni di Lecce

Clan Politi, focus sui presunti custodi di un tesoretto da oltre 260mila euro in contanti

All'alba del 15 maggio, quand'è scattato il blitz sul gruppo che avrebbe continuato le attività malavitose del sodalizio, erano state ritrovate ingenti somme. Nascoste in cucine, giardini, casseforti. Ora c'è la convalida di quell'enorme sequestro di liquidi, a carico di tre soggetti

LECCE – Duecento sessantatremila e centosettantacinque euro. Per semplificare: 263mila e 175. Il tesoretto in contanti del cosiddetto clan Politi, ritenuto erede in linea di successione dello storico clan Tornese di Monteroni di Lecce e, quindi, continuatore delle sue “gesta”, iniziate agli albori della Sacra corona unita e proseguite fino a farne uno dei gruppi più famigerati della criminalità organizzata salentina?

Non lo si può escludere. E non lo esclude, poco ma sicuro, il giudice per le indagini preliminari Antonio Gatto che, con atto del 19 maggio e notificato nelle scorse ore, ha convalidato i sequestri preventivi d’urgenza delle somme ritrovate dai carabinieri del Ros di Lecce il giorno del fatidico blitz ai danni della presunta compagine che sarebbe stata guidata da Gabriele Tarantino, 44enne di Monteroni, ritenuto il luogotenente di Saulle Politi. Quest’ultimo, già in carcere da tempo, da anni è inquadrato dagli inquirenti come il collante fra il passato (appunto, il clan Tornese) e il presente.

I tre sotto la lente

Quando all’alba del 15 maggio scorso i militari del Raggruppamento operativo speciale hanno iniziato a perquisire le abitazioni dei quarantasette indagati totali, su sedici arrestati su ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip Laura Liguori, non hanno soltanto stretto le manette ai polsi, in flagranza, del finanziere monteronese Gerardo Civino, 44enne di Monteroni, appuntato in forza alle “fiamme gialle” di Brindisi (per il quale era stata rigettata la misura cautelare), per via del possesso di poco meno di 5 chili di cocaina, ma hanno anche rinvenuto consistenti somme di denaro. Soldi che sarebbero stati custoditi, in parti diverse, da tre degli indagati principali: Ludovico Tarantino, 29enne di Monteroni, Sandro Saponaro, 43enne di Monteroni, e Pierpaolo Panarese, 40enne di Lecce, difesi, rispettivamente, dagli avvocati Stefano Pati, Cosimo D’Agostino e Laura Minosi.

Va detto, per la precisione, che, sebbene finito agli arresti con gli altri, Saponaro non risponde di associazione mafiosa, nell’ordinanza. E tuttavia, in casa, all’alba di quel giorno, i carabinieri avevano ritrovato la somma più alta in assoluto, pari a 155mila e 875 euro. Di quei soldi, “appena” 17mila 925 euro erano disseminati in borselli, borse e portafogli, dentro un armadio del soggiorno. Il grosso, per 137mila e 950 euro, avviluppato in cellophane e custodito in una cassaforte a muro, dentro la cucina.

Il cugino del luogotenente

Nell'abitazione di Ludovico Tarantino, cugino di Gabriele Tarantino, il summenzionato (presunto) reggente attuale del clan, c’erano invece 95mila e 100 euro. Il più, 65mila euro, in una busta sottovuoto suddivisa in vari pezzi. E poi, 30mila e 100 euro in altri involucri. Il tutto, in una busta di cartone, riposta nel giardino. E, in casa, altri dodici involucri vuoti, ma che potrebbero aver “ospitato” soldi transitati fra le sue mani, visto che riportanti biglietti con diverse cifre per valori piuttosto alti. Si parla dell'ordine di migliaia di euro. 

Sempre nel caso di Ludovico Tarantino, i militari avevano sequestrato anche sei telefoni cellulari, un bilancino di precisione, un’agenda con appunti contabili manoscritti, dieci schede Sim, una macchina per sottovuoto con ottantasei sacchetti, un contenitore con poco meno di 5 grammi di marijuana (quest’ultimo in auto), una macchinetta conta-soldi. Infine, nell’abitazione di Panarese, c’erano 12 e 200 euro, chiusi in una cassaforte, dentro una stanza blindata.

Somme non tracciate

Le alte somme, le contestazioni circa l’attività di spaccio per gli indagati, il materiale sequestrato che lascerebbe ipotizzare proprio uno smercio di questo tipo, sono tutti indicatori che hanno indotto il giudice Gatto a convalidare il sequestro d’urgenza effettuato all’alba di quel giorno. Anche per via del modo in cui i soldi, di vari tagli, sarebbero stati nascosti e per la presupposta sproporzione fra redditi dichiarati e attività svolte dai tre. Un fiume di denaro, si potrebbe aggiungere, fuor di convalida, sicuramente non tracciato, se rinveniente da attività poco trasparenti, e quindi – si presume – da “ripulire” in qualche modo. 

Si tratta di una decisione, quella del giudice, che porta ulteriore linfa alle ipotesi degli inquirenti sulle attività di un consesso che sarebbe rinato dalle sue stesse ceneri, dopo l’arresto di Saulle Politi. Potrebbe, per certi versi, apparire anche scontata. Ma così non è. Piuttosto, un ulteriore tassello nella ricostruzione di un mosaico molto più ampio circa gli affari di quelle che sono ritenute le nuove leve della Scu salentina, sotto la guida di nomi già consumati nelle cronache.

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