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Venerdì, 26 Aprile 2024
Economia

Sfruttamento degli stagionali e concorrenza sleale: il volto nero del turismo

Lo stato di salute di un comparto non si misura solo con i dati su arrivi e presenze: la condizione occupazionale impone una vigilanza effettiva e sanzioni efficaci

LECCE – Non solo le tonalità cangianti del mare, dal blu scuro al verde smeraldo, la luminosità avvolgente della luce che esalta la pietra leccese. Il mosaico del turismo salentino è fatto anche di tasselli che dalle varie gradazioni di grigio arrivano al nero pece. Quello del lavoro malpagato, abusato quando non completamente sfruttato.

Un aspetto di cui non si parla abbastanza, o lo si fa solo ritualmente: tra le motivazioni più ricorrenti quella per cui si arrecherebbe un danno di immagine al territorio o, addirittura, si limiterebbero le opportunità di impiego.

Secondo dati già diffusi (fonte Regione Puglia), tra il 2016 e l’anno precedente c’è stato un saldo positivo di 430mila visitatori in provincia di Lecce, con un conseguente ma meno evidente incremento del numero di imprese registrate riconducibili al comparto (poco meno del 3 per cento). Insomma il turismo, genera un certo dinamismo nel ciclo economico, ma non sempre i vantaggi sono a beneficio di tutte le componenti.

Nel percorso di approfondimento che LeccePrima sta portando avanti, la quarta tappa ci porta davanti a Mirko Moscaggiuri, 43 anni, segretario generale della Filcams Cgil (nella foto, sotto). Il sindacato proprio di recente si è fatto carico della pesante denuncia di un lavoratore, impiegato nel settore balneare.

Quanti sono i lavoratori nel settore turistico nel nostro territorio?

Il turismo è la cornice di più settori, una sorta di grande indotto il cui bacino è molto grande tanto che dire quanti siano precisamente è praticamente impossibile: di certo il ricorso al lavoro stagionale è molto diffuso.

Il comparto viene da un trend di crescita. Ma a questo si è accompagnato un miglioramento della condizione occupazionale?

Il tasso di crescita in provincia è del 10 per cento annuo, questo vuol dire che il turismo è fattore di sviluppo: per noi vuol dire creare posti di lavoro, e stabili. Ma su questo c’è molto da discutere.

La varietà di forme di impiego consentita ha spianato la strada a una condizione di perenne ricattabilità del lavoratore. I voucher sono l’ultimo e più evidente segno.

Noi abbiamo fatto una battaglia contro i voucher di cui sono orgoglioso: con uno solo si copriva un’intera giornata lavorativa. Sono stati elementi distorsivi. Lo strumento che attualmente viene usato di più è il contratto a tempo determinato a chiamata, con un aumento di oltre il 40 per cento. E’ un contratto debole, ma rispetto ai voucher almeno è una prima forma di inquadramento. Come Cgil siamo per lo stagionale classico e per quello a tempo indeterminato tutte le volte che ci sono le condizioni. Non ricorrere al contratto è un reato, è una distorsione del mercato del lavoro, è concorrenza sleale da parte di aziende che con l’attività di due, tre mesi sopravvivono tutto l’anno a scapito di quelle regolari e dei lavoratori.

Il lavoro nero nel settore del turismo è marginale, come da alcune parte si afferma?

No, il lavoro nero è molto radicato: senza ferie, senza permessi, senza giorno di riposo, senza tredicesima e quattordicesima, senza poter percepire la naspi (una forma di indennità mensile di disoccupazione, ndr) che comunque rappresenta un ristoro per gli stagionali. Per non parlare della questione della sicurezza nei luoghi di lavoro. Quello che si fa finta di non capire è che uno stagionale non è un lavoratore dequalificato, che comunque merita la sue tutele, ma ha la sua professionalità a tutti gli effetti.

La netta sensazione è che ci siano pochi controlli, e che siano comunque insufficienti, e che ci sia d’altra parte una ritrosia da parte dei lavoratori a denunciare?

Noi chiediamo ai lavoratori di rivolgersi alle organizzazioni sindacali per denunciare i soprusi, di non avere paura perché siamo in grado di seguirli passo dopo passo. La paura c’è, inutile negarlo, ma le vertenze crescono di pari passo con la crescita del settore: a settembre riceviamo molte chiamate in cui gli stagionali ci raccontano il loro vissuto, fatto soprattutto di mancati pagamenti, di mancato rispetto dell’orario stabilito.

Il sindacato ha sottovalutato la necessità di tutelare adeguatamente il lavoro stagionale, come, più in generale il lavoro precario?

Mettiamo caso che sia così, anche se io penso di no: il punto di rottura è quello delle sanzioni, delle conseguenze per chi viene colto con lavoratori impiegati a nero. Se per esempio uno stabilimento balneare viene colto in fallo, si potrebbe pensare ad una sospensione o ad un ritiro della concessione demaniale, nei casi di reiterazione. Vedrai se con un sistema di sanzioni efficace ed effettivo non ci sarebbe un adeguamento verso standard più alti di quelli che ci sono oggi.

IMG-20170913-WA0057-2La diffusione del lavoro irregolare da cosa dipende?

Indubbiamente soprattutto da un fattore culturale: siamo predisposti alla legalità e alle regole? O siamo più propensi alle scorciatoie? Un imprenditore che ha cura di rispettare le norme, ma che sa che il suo vicino ignorandole guadagna il doppio e che i controlli sono piuttosto blandi, come si sente? E il lavoratore sfruttato come si sente? Tutto questo non è consentito dalla nostra Costituzione.

Se noi predichiamo di voler innalzare gli standard per offrire un turismo di qualità anche nel Salento, questo dovrebbe significare anche una regolarizzazione generalizzata della condizione occupazionale nel settore.  

E’ evidente l’aumento il ricorso a lavoratori stranieri, soprattutto nella ristorazione. Si tratta di uno strumento per abbassare ancora di più il livello delle tutele?

Sì, è vero. Abbiamo a che fare anche con situazioni di questo tipo e il nostro comportamento, come sindacato è lo stesso: non c’è condizione di minor favore rispetto a un lavoratore italiano. Pure quelli stranieri pagano le tasse e lasciano il loro contributo in busta paga.

A proposito di buste paga, accadono cose inenarrabili, e non da oggi.

Molti restituiscono in contanti ai propri datori di lavoro una parte dello stipendio, come condizione ordinaria. Guadagni nominalmente 1300 in busta paga, e 3-400 euro tornano indietro: questo è un sopruso terribile al quale ci si piega, pur di lavorare.

Quali sono le altre violazioni più frequenti?

Il lavoro nero senza dubbio, ma anche il mancato turno di riposo: si lavora anche per dieci, undici ore consecutive, per più settimane. La legge dice un giorno di risposo ogni sette con undici ore di stop tra un turno e l’altro.

Riscontrate differenze di etnia o di genere nelle segnalazioni, gli abusi cioè sono maggiori nei confronti di extracomunitari e donne?

La differenza sostanzialmente è nel datore di lavoro, nella cultura dell’impresa: il lavoratore in fondo è un investimento. Se invece la logica è quella del mordi e fuggi, indipendentemente dall’etnia e dal sesso, il datore cerca di trarre il massimo profitto a scapito delle regole.

Già pubblicate

13 settembre/Tra tendenze e realtà: storie appassionanti e discariche abusive  (con Marialba Pandolfini)

7 settembre/Pochi voli e anche cari, troppa furbizia: e il mito del Salento inizia a vacillare (con Rossella De Giorgi)

31 agosto/Viaggio nel turismo: "Carenzia di servizi e di programmazione, freno alla qualità" (con Carlo Spagnolo)

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