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Ex Bat, Filanto, riforma del lavoro. Bilancio del sottosegretario sul fronte più caldo

Conferenza di Teresa Bellanova, protagonsita nel varo del Jobs Act e nelle principali vertenze occupazionali. Ai giornalisti: "Non voglio comprensione, ma un'informazione rigorosa". Salvatore Capone: "Presto un'indagine epidemiologica nel Salento"

LECCE – Mastica amaro, il sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova, quando si parla della mancata riconversione dello stabilimento di Lecce della British American Tobacco.

Un po’ perché nel tritacarne del risentimento dei lavoratori per una vicenda che affonda la sue radici nel decennio passato e che vede i suoi determinanti sviluppi negli ultimi tre o quattro anni,  c’è finita anche lei, insieme agli altri rappresentanti politici del territorio salentino, accusati in correità di non aver fatto nulla per fermare un’operazione opaca sin dall’inizio; un po’ perché l’oggettiva impossibilità di rimettere in carreggiata un treno oramai completamente deragliato e sfuggito di controllo rende manifesta la subalternità e quindi la resa della politica ai capricci del capitalismo internazionale.

“La vicenda è stata gestita nel peggior modo possibile. Io stessa ho rivolto nelle sedi opportune un appello alla Procura, rimanendo una voce nel deserto. Si è trattato di una reindustrializzazione fondata sull’imbroglio perché i soggetti subentranti avevano già a carico procedure di esuberi in corso. Ho invitato una lettera alle organizzazioni sindacali nazionali, abbiamo fatto anche delle forzature per portare al tavolo ministeriale le tre aziende coinvolte. Ma dopo la firma di quell’accordo al ministero dello Sviluppo economico (2010) che dichiara l’avvenuta riconversione, la multinazionale è stata esonerata da ogni responsabilità e non può essere costretta a sedere ai nostri incontri. Due sono le cose: o chi ha firmato ritira le firme spiegando il perché lo fa, oppure per avere giustizia i lavoratori devono aspettare le decisioni della magistratura”.

Il passaggio sulla vertenza, che è oramai in stato comatoso e oggetto di un’attenzione della Procura della Repubblica dove il sostituto Antonio De Donno è titolare di un fascicolo che presto potrebbe sortire i primi effetti concreti, è uno dei due momenti in cui l’esponente salentino del governo Renzi perde il ritmo incalzante con il quale passa in rassegna, nella conferenza di fine anno convocata insieme al compagno di partito Salvatore Capone, membro della Commissione Affari Sociali della Camera, gli argomenti più rilevanti in tema di politiche del lavoro. L’altro si verifica poco prima, quando il sottosegretario chiede ai giornalisti – e qui gli occhi le si velano – di prestare attenzione al linguaggio: “Io non chiedo comprensione, ma rigore e un’informazione precisa. Sono abituata ad assumermi le mie responsabilità e nessuno può pensare di fermarmi, né con minacce né con altro. Metto la mia competenza e i valori morali a disposizione dei giovani di questo Paese”.

Il riferimento è ad una recente vicenda sfociata in una querela della Cgil nazionale nei confronti di un quotidiano locale per il quale la numero uno del sindacato, a Lecce per un incontro, avrebbe accusato Bellanova di tradimento nei confronti dei lavoratori. Un termine forte, denso di significato soprattutto in un paese nel quale chi si è occupato a livello nazionale di politiche del lavoro ha pagato in troppe occasioni un prezzo elevato la rabbia, la strumentalizzazione, il fervore ideologico. Tanto che il sottosegretario salentino, da un paio di settimane, è sorvegliato da una scorta: una misura che in Italia ricorre, soprattutto per chi si occupa di politiche del lavoro, con una certa frequenza.

Naturalmente il sottosegretario ha parlato anche del caso Filanto, che proprio nelle scorse settimane ha registrato la concessione di una copertura per altri 5 mesi di cassa integrazione. Un risultato marginale, ha riconosciuto, ma che non poteva essere diverso considerata la situazione che può essere associata a quella di un malcostume tipico italiano: quello di beneficiare al massimo degli ammortizzatori sociali scaricando sulla collettività responsabilità che sono di gestione, mentre parallelamente si cercano soluzioni più economiche per la fase produttiva fuori dai confini. E in questo quadro il lavoratore tende a sconfinare nel campo del lavoro nero cercando al contempo di mantenere il più possibile i sussidi.

E anche di questo Teresa Bellanova si occupa in prima persona con le deleghe della riforma del mercato del lavoro: due sono state già ultimate, le altre tre lo saranno entro marzo. Ammortizzatori sociali, tipologie contrattuali, politiche attive del lavoro: sono molti i temi all’ordine del giorno che stanno disegnando un nuovo schema complessivo. Nel quale, ha sottolineato la deputata, “non si tolgono diritti ma alibi”. Richiamando la conferenza stampa del premier Matteo Renzi, di ieri, Bellanova ha detto: “Siamo aperti al confronto in ogni momento e in tutti i luoghi, ma non accettiamo i no a prescindere. Sono i dati statistici sulla disoccupazione, in particolare giovanile e femminile, a invocare il cambiamento. Con la riforma abbiamo lanciato una sfida al capitalismo italiano e mandato un messaggio agli investitori stranieri”. E via discorrendo con il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti – per i quale vale una decontribuzione totale per i primi tre anni - , con la rete di protezione sociale in vigore dal 1 gennaio anche per i titolari di un contratto di collaborazione a progetto, con le polemiche sul demansionamento, con la prossima riduzione delle forme contrattuali da oltre 40 a sei o sette, ma anche con la creazione dell’Agenzia nazionale del lavoro e di un ispettorato nazionale per coordinare le politiche attive e i controlli.

Per quanto riguarda la riforma delle Province, Teresa Bellanova, ha invitato a non fare propaganda dichiarando che il governo per quanto di sua competenza ha salvaguardato tutti i lavoratori a tempo indeterminato, ma anche i precari e in parte gli Lsu: “E’ chiaro che ora deve funzionare la rete istituzionale”, ha aggiunto, alludendo al ritardo con cui le Regioni stanno ottemperando alla riorganizzazione delle competenze. Ritardo per il quale il presidente della Provincia di Lecce, Antonio Gabellone, ha promesso di voler chiedere il commissariamento del governo Vendola.

La conferenza odierna è stata aperta dall’onorevole Salvatore Capone, già sindaco di San Cesario di Lecce e segretario provinciale del Pd, che ha ricordato tra l’altro gli impegni concretamente portati avanti nell’interesse del Salento facendo due esempi: quello del Tar di Lecce, risparmiato dalla scure delle soppressioni, e quello del porto turistico di Otranto, che si era incagliato nel parere negativo della Soprintendenza regionale. Ma ancor più Capone ha annunciato i prossimi temi sui quali i deputati della provincia di Lecce punteranno i piedi a partire dal varo di un’indagine epidemiologica su larga scala per valutare una volta per il nesso di causalità tra fattori inquinanti, ma anche iniziative concrete per avviare una bonifica efficace delle aree dove sono stati individuati rifiuti interrati. 

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