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Mignone presidente del consiglio comunale. Palazzo Carafa ora a pieno regime

L'esponente centrista, assessore all'Ambiente nella prima giunta Salvemini, è stato eletto con i due terzi dei voti. Lidia Faggiano del Pd e Andrea Guido di Fratelli d'Italia sono i due vice

LECCE – Un Carlo sullo scranno di sindaco, un altro su quello di presidente del consiglio comunale. Con l’elezione di Carlo Mignone (Udc) e dei vice presidenti, Lidia Faggiano (Pd) e Andrea Guido (Fratelli d’Italia), l’assise cittadina determinata a fine maggio dal voto dei leccesi entra nel pieno delle sue funzioni.

Mentre la giunta di Salvemini è al lavoro da circa due mesi, i 32 consiglieri comunali sono stati proclamati solo martedì scorso, al termine del lungo iter di verifiche condotte dalla commissione elettorale. Non ci sono state, da questo punto di vista, variazioni rispetto ai risultati già acquisiti in sede di primo conteggio tali da determinare "colpi di scena". 

Eletto con 22 voti su 32

Mignone, proposto dal primo cittadino, è stato eletto alla seconda consultazione, avendo mancato alla prima tornata per un solo voto la maggioranza dei due terzi richiesta dal regolamento. Unica assente in questa giornata, Adriana Poli Bortone. L’obiettivo è stato centrato subito dopo con 22 voti, senza dover aspettare il giro successivo nel quale sarebbe bastata la maggioranza assoluta: in prima battuta aveva ottenuto ne aveva ottenuti 20, Congedo uno e 11 erano state le schede bianche.

L’astensione era stata motivata in premessa, proprio dal candidato sindaco del centrodestra - che ha comunicato anche il suo ingresso nel gruppo di Fratelli d'Italia, di cui è coordinatore regionale -, con il disappunto riguardo la decisione di Salvemini e della maggioranza di non condividere con la minoranza un percorso per la scelta del presidente del consiglio e dei suoi "supplenti", in quanto figure di garanzia. Congedo ha però ribadito la sua stima nei confronti di Mignone. 

Già assessore all'Ambiente nei 18 mesi della prima giunta Salvemini, il neo presidente ha ringraziato tutti i consiglieri e ha garantito il rispetto dell'imparzialità connessa alla sua carica. Anche il binomio dei due vice è stato presentato all’aula dal sindaco, sulla base di una intesa raggiunta tra maggioranza e minoranza: Lidia Faggiano ha avuto 21 voti (sarà la vicaria), Andrea Guido 10, con una scheda bianca. Poi sono stati fatti altri adempimenti: Marco Giannotta (Noi per Lecce) e Cosimo Murri Dello Diago (Lecce Città Pubblica) sono stati nominati componenti della commissione elettorale insieme a Luciano Battista di Forza Italia - supplenti Saverio Citraro del Pd, Roberto Giordano Anguilla di FdI ed Emanuela Orlando di Sveglia Lecce - mentre per quella che si occupa dell’aggiornamento degli elenchi comunali dei giudici popolari della Corte d’Assise e della Corte d’Assise d’Appello è stato indicato Gigi Valente (Puglia Popolare).

Tra conferme e volti nuovi, l'assise cittadina

Quest'ultimo è subentrato ad Alfredo Pagliaro, primo degli eletti di quella lista, ma dimessosi in relazione alla sua nomina da parte del sindaco come amministratore unico della Lupiae Servizi, società interamente partecipata dal Comune. Quella scelta ha portato la minoranza a tacciare il sindaco di incoerenza rispetto alle sue storiche battaglie in consiglio in favore di trasparenza e competenza, ma anche qualche malumore nel Pd che, però, è da leggere più nel contesto delle elezioni regionali del prossimo anno alle quali il partito si sta avvicinando con profonde lacerazioni e quindi con una certa propensione a rivendicare postazioni autorevoli (nel 2017 Lecce Città Pubblica, primo partito della coalizione, rinunciò a proporre un proprio candidato per favorire l'elezione di Paola Povero).

Un mandato politico chiaro

Musi lunghi e tentennamenti a parte, il mandato elettorale è fin troppo chiaro per la coalizione progressista e civica che ha vinto al primo turno: portare avanti, senza più il fardello dell'anatra zoppa, il progetto di cambiamento rispetto a un ventennio di amministrazione che il centrodestra aveva impostato a sua immagine e somiglianza fino a maturare un progressivo ma inesorabile divorzio dall'anima silenziosa della città, quella che non filosofeggia in stile radical chic o denigra per partito preso sui social, ma che sentiva impellente la necessità di un altro passo.  

Salvemini, da parte sua, ha il non semplice compito di garantire il progetto di innovazione politica e amministrativa promesso già nel 2017 e poi abbozzato tra le turbolenze di un consiglio nel quale i rapporti di forza erano mutati con il pronunciamento della giustizia amministrativa. Alle forze che lo sostengono tocca la responsabilità di garantire le condizioni perchè questo cambiamento venga, passo dopo passo, realizzato, al di là di beghe interne o intersezioni elettorali con altre dimensioni. Ci sono, del resto, provvedimenti fondamentali da predisporre e adottare, come il Pug e il Piano della Coste, ma anche il tema della mobilità e dell'edilzia popolare, giusto per indicarne due, non sono questioni meno importanti. Questa che si è aperta oggi, insomma, non è una consiliatura qualsiasi, ma una di quelle nelle quali la cittadinanza ha investito un capitale di fiducia legato anche all'importanza della posta in gioco.

Il centrodestra leccese ha ora il tempo di procedere a quel rinnovamento che già era emerso come indispensabile due anni addietro, salvo essere quasi completamente e colpevolmente ignorato, ricostruendo per il tramite di una classe dirigente più fresca un rapporto politico e progettuale con il proprio elettorato di ampio respiro. Nei banchi della minoranza, proprio come dimostra la biografia di Salvemini, si impara tanto, anche quel pizzico di umiltà che serve e restare empatici con l'opinione pubblica.

A chi è rimasto ancora una volta fuori dal consiglio, invece, lo spunto per una riflessione serena sulla linea seguita, sugli errori commessi e sugli eventuali atti politici che dovrebbero seguire alla presa d'atto dell'esito numerico. Cose che nella tanto vituperata Prima Repubblica non potevano essere eluse. Proposte alternative saranno molto utili per tenere teso il filo della dialettica sociale e politica in città anche al di fuori del consesso democratico dell'assise cittadina - il rischio di un avviluppamento su dinamiche meramente amministrative c'è sempre -, ma spetta a chi le rivendica costruirsi una legittimazione reale che vada oltre i tiri al bersaglio o i toni sarcastici su Facebook.

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