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Salvemini corre per un altro mandato pieno: “Ma nessuno si senta obbligato”

Il sindaco ha deciso di spiegare pubblicamente la scelta annunciata lunedì in una riunione di maggioranza convocata per discutere di criticità e perplessità sollevate da alcuni consiglieri

LECCE - Non ci saranno avvicendamenti nella giunta comunale: il sindaco di Lecce, Carlo Salvemini, chiude all'ipotesi di un rimpasto nella squadra di governo, ma sulla richiesta di un “cambio di passo”, avanzata da alcuni consiglieri, ha garantito una condivisione dell’agenda di lavoro più serrata di quella avuta sino a oggi.

Sono questi gli esiti principali della riunione di maggioranza che si è tenuta nel tardo pomeriggio di ieri, arrivata a valle di un confronto che il gruppo “Progetto Città” – nato a consiliatura in corso con Carlo Mignone, Pierpaolo Patti, Marco Giannotta e, da ultimo, con Saverio Citraro – ha avviato da tempo e che prima di ieri si era sostanziato in due incontri ristretti. Nel primo era stata posta la questione della titolarità di alcune commissioni, in base al criterio di rappresentanza in consiglio comunale e da parte del sindaco non vi era stata alcuna sostanziale obiezione.

Nel secondo, invece, è venuta fuori la questione dell’insoddisfazione per l’operato di tre assessori: Marco De Matteis (Mobilità), Rita Miglietta (Urbanistica), Marco Nuzzaci (Lavori Pubblici). Salvemini, contrario all’idea di mettere mano alla squadra di governo ad appena un anno e mezzo dalla scadenza del mandato, ha ribadito ieri davanti all'intera maggioranza la sua linea e rinnovato la piena fiducia ai tre assessori che, ha sottolineato il sindaco, hanno dovuto far fronte a molti temi delicati con poche risorse, quelle a disposizione di un ente impegnato nell’opera di risanamento dei conti la cui fragilità viene da lontano.

L'incontro di ieri si è aperto con la dichiarazione, da parte di Salvemini, di essere pronto alla ricandidatura, sulla base del principio che un sindaco e un’amministrazione uscenti devono sottoporsi al vaglio degli elettori, che sono il vero giudice sovrano della classe dirigente. Questo annuncio, fatto nella sede riservata di una riunione politica, è trapelato quasi subito diventando la notizia del giorno. La cosa ha sorpreso lo stesso sindaco tanto che oggi, con un post ha spiegato ai cittadini il senso del suo intervento che, dal suo punto di vista, non sembrava discostarsi da quella che è comunemente la prassi: “Solitamente una doppia vittoria alle urne garantisce un ciclo di governo nei Comuni di dieci anni, che sono il tempo considerato adeguato a determinare e realizzare un cambiamento effettivo. L’esperienza di sindaco mi ha visto alla guida della città una prima volta nel 2017, per diciotto mesi, e nuovamente nel 2019, con una maggioranza piena. Al termine del mandato attuale saranno sette anni di governo, che mi impegnano a misurarmi con il consenso dei cittadini per una terza prova, per garantire al mio mandato gli eventuali tre anni che mancano (più ulteriori due)”.

Salvemini ha quindi aggiunto: “Lo farò senza la preoccupazione di una sconfitta, che sempre ci potrà essere, ma con la forza di poter presentare alla città un bilancio delle cose fatte, che resterà indipendentemente dal risultato elettorale, come impronta nitida del passaggio mio e della mia maggioranza nella storia della città. È una candidatura che avverto come un dovere politico e civico, insieme a quanti sono al mio fianco in questo mandato.  Naturalmente nessuno deve sentirsi obbligato. Mi auguro però che tutti, tra quanti oggi condividono la responsabilità dell’amministrazione al mio fianco, possano sentirsene ulteriormente motivati”.

Nella chiosa finale del sindaco pare emergere da una parte la consapevolezza delle difficoltà che lo attendono, figlie anche delle incomprensioni e degli attriti attuali, e anche quella delle possibili defezioni, ma, dall'altra, anche il desiderio di superare quel distacco emotivo che troppo spesso trasmette alla città l’immagine di esponenti della stessa maggioranza separati in casa, e di ritornare allo spirito di quella compagine che nel 2017 ha fermato - con un accordo elettorale in extremis - il centrodestra al potere da 20 anni e che nel 2019, sulla base di un programma condiviso sin dall'inizio,  ha vinto al primo turno .

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