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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca Racale

Scomparsa di Mauro Romano, chiesta l’archiviazione per l’ex barbiere

Per la Procura non ci sono elementi per sostenere che Vittorio Romanelli fu coinvolto nel rapimento del bambino avvenuto il 21 giugno del 1977 nei pressi della casa dei nonni a Racale

RACALE - Non ci sono elementi né per proseguire nelle indagini né per sostenere l’accusa in giudizio in merito al presunto coinvolgimento di Vittorio Romanelli, barbiere in pensione di Racale di 79 anni, nella scomparsa di Mauro Romano, avvenuta quando aveva sei anni nei pressi della casa dei nonni a Racale, il 21 giugno del 1977.

Lo sostiene il pubblico ministero Simona Rizzo nella richiesta di archiviazione del terzo fascicolo aperto in tutti questi anni sulla vicenda, quello che vede indagato l’anziano per sequestro di persona, accogliendo così l’istanza formulata nei mesi scorsi dagli avvocati difensori Antonio Corvaglia e Giuseppe Gatti.

Proprio in ragione di quanto valutato dagli inquirenti, la famiglia Romano, assistita dall’avvocato Antonio La Scala, non ha intenzione di opporsi alla richiesta.

Stando alla memoria difensiva, gli elementi indiziari a carico di Romanelli sono deboli: il rapimento sarebbe avvenuto con un apecar, mezzo che però non sarebbe mai stato nella disponibilità dell’ex barbiere; le ultime dichiarazioni rese da Vito Troisi, l’amichetto col quale avrebbe giocato Mauro il giorno della sparizione (poi diventato boss della Scu), non troverebbero poi alcun riscontro in quelle rese dagli altri due coetanei che erano con loro. Allo stesso modo, non sarebbero attendibili le rivelazioni che lo stesso figlio del barbiere avrebbe fatto alla famiglia Romano, dopo vent’anni dai fatti, ossia che era insieme a Mauro nelle campagne di Castel Forte, quando due uomini a bordo di una macchina di grossa cilindrata lo avrebbero prelevato con la forza, per poi ripartire ad alta velocità.

I legali avevano inoltre sollecitato gli inquirenti a svolgere ulteriori accertamenti su un altro uomo, Antonio Scala, il 70enne di Taviano di recente condannato (in primo grado) a dieci anni di reclusione per pedofilia e già condannato, nel 1984, con sentenza definitiva, a quattro anni e sei mesi per la tentata estorsione compiuta proprio ai danni dei genitori di Mauro, ai quali chiese telefonicamente la consegna di 30 milioni delle vecchie lire per riavere vivo il proprio figlio.

Dopo l’ultima riapertura del fascicolo, il 70enne risultava indagato per omicidio volontario e occultamento di cadavere, ma poi la sua posizione è stata stralciata incomprensibilmente per gli avvocati di Romanelli, secondo i quali diversi elementi dimostrerebbero che ebbe un ruolo nella vicenda: Scala avrebbe rivelato a uno dei ragazzi coinvolti nell’inchiesta per pedofilia di aver rapito Mauro per soldi, indicando anche la cifra in 3 milioni di lire e di averlo fatto per necessità economiche. Allo stesso ragazzino, inoltre, l’anziano avrebbe confidato pure di possedere una cantina dove sono conservati numerosi oggetti, ma sostengono sempre i legali, sul punto, non c’è traccia agli atti di un verbale di perquisizione ed eventuale sequestro di appunti, foto o altro.

I legali avevano poi fatto notare come in questi anni, la famiglia nella disperata ricerca della verità, avesse fornito agli inquirenti piste poi purtroppo rivelatesi infondate. L’ultima riguarda quella del rapimento a scopo di adozione, dopo che la madre Bianca Colaianni si sarebbe convinta che il facoltoso sceicco arabo visto ritratto su un rotocalco fosse il suo ragazzo, per la corrispondenza di due cicatrici tanto da avergli chiesto di sottoporsi al test del dna. Ma proprio nelle scorse settimane l’imprenditore, attraverso il suo legale, ha espresso il suo diniego diffondendo anche alcuni scatti di quando aveva cinque anni e in cui emergono notevoli differenze con il bambino scomparso, a partire dal colore della pelle.

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